possiamo definire storiche le informazioni sul passato che ci arrivano in maniera tale che possiamo verificarne o almeno supporne la plausibile aderenza al reale svolgimento dei fatti; leggendarie quelle che non hanno tale supporto e inoltre appaiono poco credibili in se stesse o per contrasto con i dati storici che abbiamo già; e chiameremo, in maniera neutra, tradizioni le informazioni che sono in una situazione intermedia, né confermate né smentite dai fatti già conosciuti e non palesemente incredibili.
gli storici sono coloro che ci trasmettono con le loro opere informazioni del primo tipo; le leggende sono i testi del secondo tipo; ma naturalmente la distinzione tra i due gruppi e col terzo detto sopra non è netta, ma graduale: di nessun autore di opere storiche possiamo essere certi che ci trasmetta sempre notizie aderenti alla verità dei fatti; e chi mette per iscritto una leggenda o anche soltanto la tramanda, non esclude che essa possa contenere frammenti di verità.
le uniche fonti di informazione che sono sempre certamente storiche sono i resti archeologici, dove l’informazione si identifica col qualcosa di fisico; ma attenzione, questo non significa che il testo di una iscrizione, ad esempio, ci dia informazioni vere e non leggendarie solo per il fatto di essere scolpita nel marmo; l’informazione certamente vera che quell’iscrizione ci dà è che essa fu scolpita: quello che dice, invece, va valutato secondo i normali criteri di valutazione delle fonti.
allo stesso modo né delle leggende né delle tradizioni, a maggior ragione, possiamo escludere che contengano elementi di informazione storica, ma possiamo provare ad identificarli soltanto se procediamo dalle informazioni storiche che abbiamo, per valutarle criticamente
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nei post precedenti di questa piccola serie abbiamo visto sinora che esistono diverse tradizioni, sia buddiste, sia induiste, sia islamiche, che parlano di alcune figure, non sempre identiche fra loro, che possono essere viste come varianti di quella del Gesù cristiano, che avrebbero trascorso parecchi anni in India, sotto alcuni nomi diversi a seconda delle tradizioni: Issa il buddista, Isha Nata l’induista, Yuzasaf l’islamico – e di quest’ultimo esiste perfino la tomba, a Srinagar, con tanto di immagine stilizzata dei piedi con le tracce parallele di due ferite – questo almeno dicono alcuni.
secondo i buddisti Issa sarebbe stato in India prima di essere crocifisso, secondo gli islamici Yuzasaf sarebbe fuggito lì dopo la crocifissione a cui era sopravvissuto, e l’induista Isha Nata, per non fare torto a nessuno, dice che ci sarebbe stato sia prima che dopo, anche lui comunque sopravvivendo alla crocifissione.
nessuna di queste tradizioni ha dei documenti storici di supporto: possiamo soltanto dire che al tempo di Jeshuu, ma anche alcuni secoli dopo, esistevano delle piccole comunità ebraiche in alcune regioni dell’India e in altri paesi vicini, ma niente di più: ci sono resti archeologici a confermarlo; ma, anche se sono effettivamente esistiti i manoscritti nel monastero di Himis in LadakH, che un viaggiatore giornalista russo disse di avere visto verso la fine dell’Ottocento e che dopo di lui altri dicono ci fossero, mentre altri lo negano, cambierebbero di poco le cose, dato che certamente sono stati scritti doversi secoli dopo questo presunto soggiorno.
certo l’esistenza di una tomba a Srinagar è comunque un dato archeologico, cioè storico: ma di chi è davvero quella tomba?
naturalmente, siccome contiene un sarcofago e il sarcofago un corpo, un’analisi dei resti, se ci sono ancora, potrebbe fornire qualche informazione più precisa, ma un tentativo di Kersten di farla aprire nel 1984 fu impedito da tumulti dei fedeli islamici della città, che provocarono otto morti.
Yuz Asaf sembra che significhi in arabo semplicemente guida dei purificati, almeno secondo il solito Kersten; l’iscrizione sull’entrata dice semplicemente, sempre secondo Kersten, che arrivò nel Kahmir molti secoli fa e che la sua vita fu dedicata a testimoniare la verità.
sotto una pietra tombale allineata nord-sud secondo l’uso islamico, sta il sarcofago, orientato da est a ovest, secondo l’uso ebraico.
di chiara e indiscutibile c’è la tomba, e una lastra con una impronta di piedi che dovrebbe identificare il defunto: Kersten vuol vedere su quei piedi i segni della crocifissione; qualcuno gli ha risposto: Soltanto una fantasia ostinata e limitata può vederci i segni dei chiodi.

a me sembra evidente che si tratta soltanto di un rozzo tentativo di rendere il rilievo della pianta del piede, come le due mezzalune laterali, che altrimenti come andrebbero interpretate?
a Fathepur Sikri, nell’India settentrionale, nel palazzo reale dell’imperatore Akbar, che regnò nella seconda metà del 1500 e all’inizio del 1600, si trova incisa una frase esplicitamente attribuita a Gesù: Il mondo è come un ponte. Attraversalo, ma non ti fermare su di esso!
non è chiaro da dove provenga, ma è comunque un segno della vitalità delle tradizioni su di lui, niente di più.
Kersten ne raccoglie moltissime altre, di presunte tradizioni su Jeshuu in India, ma sempre col suo metodo disordinato e citando raramente le fonti, per cui non si sa davvero che credibilità dargli, e quindi tutto dipende dal peso che si vuol dare a quelle impronte di piedi.
ma queste tradizioni sono poco credibili e, dovendo tirare le somme, dovremmo concludere che non c’è nessuna prova, ma neppure nessun indizio, almeno fin qui, che Jeshuu sia stato effettivamente in India.
si tratta allora di leggende? probabilmente.
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ma prima di definirle tali, dobbiamo trovare delle prove o almeno degli indizi storici, che ci aiutino a esprimere una valutazione conclusiva.
da questo momento in poi esprimerò le mie valutazioni sulla base della ricostruzione a cui sono arrivato sulla sostanza storica della figura di Jeshuu.
e colgo l’occasione per un sintetico riepilogo delle mie impostazioni:
1) tutte le narrazioni sulla vita di Jeshuu che provengono dai molteplici ambienti dei suoi seguaci sono leggende, neppure tradizioni: infatti tutte senza distinzione contengono informazioni di carattere sovrannaturale palesemente non credibili per una coscienza laica, sia pure aperta al misterioso; sono inoltre contraddittorie fra loro.
2) possiamo identificare la base storica della figura di Jeshuu soltanto ricorrendo a Giuseppe Flavio, lo storico ebreo del I secolo: storico chiaramente tendenzioso, ma comunque impegnato nell’analisi delle informazioni in modo da escludere quelle secondo lui non accettabili in base ad un criterio di verità; dunque il suo indice di credibilità è elevato, rispetto alle altre fonti di informazione leggendarie dette sopra; il che significa che nella ricostruzione storica queste fonti non possono essere mescolate fra loro, come se fossero dello stesso livello.
3) Giuseppe Flavio ci parla, in tre passi delle Antichità Giudaiche, di Gesù, di Giovanni Battista, e di Giacomo fratello di Gesù: si tratta di tre interpolazioni; la dimostrazione del loro carattere falso è già stata fatta ripetutamente e non vale la pena di riprenderla qui.
ma Giuseppe Flavio ci parla anche, in entrambe le sue opere, Guerra Giudaica e Antichità Giudaiche, di un profeta ebreo, ma di provenienza egiziana, attaccato e disperso dai romani sul Monte degli Ulivi, dove aveva condotto i suoi seguaci in attesa di un intervento divino che facesse crollare le mura di Gerusalemme; le coincidenze con alcuni aspetti delle leggende cristiane sono forti, alcune discrepanze trovano adeguate spiegazioni – che non ripeterò ora.
è totalmente da escludere che possa essere successo due volte che un sedicente messia si sia accampato sul monte degli Ulivi; e ancora meno plausibile che per di più due volte un messia ebreo sul monte degli Ulivi avesse vissuto in Egitto, dato della vita anche del Gesù dei vangeli che viene confermato, in modo un poco imbarazzato, dal Vangelo secondo Matteo.
l’alternativa che abbiamo è di pensare che il Gesù dei vangeli non sia mai vissuto, ma che, per motivi difficili da spiegare, chi in via di ipotesi aveva inventato la sua figura, le avesse attribuito queste caratteristiche, indubbiamente problematiche da gestire.
per questa via, quei esposta in maniera semplificata, arrivo alla constatazione finale che lo Jeshuu storico era appunto quel profeta messianista, vissuto a lungo in Egitto.
si aggiunge, a convalida, che Giuseppe Flavio afferma che era un esponente di una nuova tendenza non violenta e profetica nell’ambito dei movimenti messianisti del tempo, e dunque rappresentava una notevole variante diremmo quasi pacifista del ribellismo degli zeloti; ed anche questo coincide parecchio con la rappresentazione tradizionale di Jeshuu, e nello stesso tempo dà ben ragione anche di alcune sue ambiguità: quel pacifismo di radice originariamente zelota, non era pieno né incondizionato.
4) la principale obiezione a questa ricostruzione è che Giuseppe Flavio pone la vicenda del profeta egiziano in un periodo attorno all’anno 52 d.C.; la tradizione cristiana, invece la colloca negli anni Trenta, soprattutto in virtù del riferimento a Pilato come autore della condanna a morte.
ma tra le due fonti di informazione, quella storica e quella della tradizione, prevale chiaramente la prima; si tratta allora soltanto di spiegare – e altrove l’ho fatto – le cause e i modi di questo slittamento temporale che anticipa la storia di vent’anni.
certamente l’obiettivo principale era proprio quello di evitare che Jeshuu venisse identificato col profeta egiziano di Giuseppe Flavio; evidentemente i suoi seguaci lo temevano, perché sapevano che questo avrebbe distrutto completamente la sua credibilità di profeta: si stavano inventando un Gesù diverso da Jeshuu, e questa identificazione avrebbe distrutto tutto il loro sforzo.
infatti è proprio questo che veniva rinfacciato loro da Giuseppe Flavio, dagli ebrei osservanti il cui punto di vista sarebbe stato messo per iscritto nel Talmud, dal primo critico pagano del cristianesimo, Celso: Jeshuu era stato soltanto un mago egizio; come poteva pretendere di essere considerato addirittura figlio di dio? follia…
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ma se lo Jeshuu storico veniva definito l’egiziano – questo è il primo punto che relega nel leggendario la tradizione di un suo soggiorno in India: come poteva, viceversa, avere trascorso la parte principale della sua vita in India?
e come mai questa cosa non gli viene rinfacciata da nessuno dei suoi avversari contemporanei o del secolo successivo?
del soggiorno in Egitto si parla, subito dopo di lui, nelle nostre fonti; del soggiorno in India non sa nulla nessuno: l’avrebbero chiamato ancora più volentieri l’indiano, piuttosto che l’egiziano, se questo lungo soggiorno ci fosse stato.
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obiezioni possibili: la principale via di accesso all’India in quel periodo era dai porti egizi del Mar Rosso: possibile che Jeshuu, nato in Egitto da genitori ebrei, si fosse recato in India per periodi più brevi? questi non gli avrebbero fatto perdere il soprannome di egiziano che faceva riferimento alla sua origine, che restava immutata.
e se qualcuno volesse appunto sostenere che egiziano era soltanto un nome vago per dire che non era vissuto in Israele?
obiezioni fragili, sembra a me.
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una relazione precisa con l’India ce l’ha invece suo fratello gemello Giuda, detto Toma, il Gemello, che poi divenne Tommaso, giusto per farne dimenticare il significato: esistono leggende che raccontano in modo piuttosto preciso le vicende principali del suo soggiorno in quel paese, anche facendo riferimento al sovrano di una dinastia che storicamente regnava proprio in quegli anni attorno al 50.
ma vi è un dato piuttosto impressionante che sembra dare una certa base storica a queste, che pure restano leggende; nell’isola di Socotra, sperduta nell’Oceano Indiano davanti al Mar Rosso, che era certamente una tappa per un viaggio in India per mare dall’Egitto, vi è una tradizione piuttosto precisa che racconta che gli abitanti furono convertiti da Tommaso, che sbarcò lì nell’anno 52.
sentite qua, da wikipedia:
Gli isolani di Socotra seguirono le religioni indigene fino al 52 d.C., quando, in base alle credenze locali, l’apostolo Tommaso naufragò insieme a dei suoi seguaci sull’isola mentre era diretto verso per l’India per evangelizzarla. Poi si suppone che con i rottami della nave fu costruita una chiesa dove furono battezzati molti Socotresi. Dopo questo evento, il Cristianesimo divenne la principale religione dell’isola – ma fu poi completamente sostituito dall’islam. Nel 1542, durante la sua permanenza sull’isola, San Francesco Saverio trovò un gruppo di persone che sosteneva di discendere dagli abitanti convertiti da San Tommaso.
e la stessa data del 52 d.C. ritorna nelle leggende indiane su Tommaso, come data del suo sbarco in quel paese.
è abbastanza sorprendente che due tradizioni di paesi così distanti diano dei riferimenti cronologici così precisi (sempre che non siano gli autori di wikipedia a inserirli nelle loro leggende), e ancora più sorprendente che essi siano gli stessi: e si noti l’impressionante coincidenza con la data della vicenda del profeta egiziano in Giuseppe Flavio: il 52!
ovvio lo scenario del fratello gemello di Jeshuu che si mette in salvo, fuggendo all’estero, proprio nel momento immediatamente successivo alla catastrofe del movimento creato dal fratello, del quale lui stesso era uno dei principali esponenti.
e questa data, ricostruito oggi in via congetturale dagli storici che studiano Giuseppe Flavio, non poteva certo essere nota né a Socotra né in India, come tale.
ma, anche indipendentemente dalla data, che potrebbe essere stata definita modernamente, stupisce sempre la coincidenza della tradizione di Socotra con quella dell’India meridionale.
si potrà dire che gli abitanti di Socotra possono avere preso il racconto della conversione al cristianesimo e la sua data da viaggiatori o mercanti indiani cristiani: ma che motivo avevano di raccontare questa storia, nel momento in cui erano diventati islamici, per giunta, se essa fosse stata falsa?
quando Marco Polo passò dalle parti dell’India meridionale, ci trovò dei cristiani di Tommaso.
il cristianesimo nel Kerala, nell’India sud-occidentale, precede dunque di gran lunga l’attività missionaria che si sviluppò a partire dalla scoperta della rotta marittima per l’India, a metà Quattrocento, e i primi viaggiatori rimasero sconcertati nello scoprire in India cristiani che facevano risalire la diffusione della loro religione al I secolo.
aggiungo come nota importante che chi volesse davvero ricostruire il cristianesimo delle origini, dovrebbe studiare a fondo le caratteristiche di questo cristianesimo rimasto isolato per 1.400 anni dal resto della cristianità.
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tutto questo non basta a dire che i racconti su Tommaso in India hanno una sicura base storica, anche se la rendono abbastanza probabile, ma bastano a dire che non si capisce allora perché la tradizione sulla vita di Jeshuu in India non sia altrettanto dettagliata; e se la sua predicazione nell’India settentrionale ha avuto tanto successo, dove sono allora le comunità cristiane da lui fondate in questa parte del paese, così come il gemello le ha fondate nel sud-ovest dell’India?
e questi, certamente, o chi per lui comunque introdusse il cristianesimo in India fin dal I secolo, avrà ben parlato di Jeshuu, no? il che potrebbe bastare a spiegare il nascere delle molteplici tradizioni che stiamo esaminando, senza pensare necessariamente ad un soggiorno personale di Jeshuu qui.
insomma, l’ipotesi di un viaggio in India di Jeshuu, nel nord del paese, perde tanto più di credibilità quanto più ne acquista quella del viaggio in India di suo fratello gemello nel sud.
e questa è la mia conclusione, ma aperta; perché ci sono ancora altri elementi da considerare.
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