ieri mattina l’articolo di apertura del Die Welt online, il principale quotidiano tedesco, era dedicato alla situazione politica italiana; mi ripromettevo di tradurlo e commentarlo, ma a sera l’articolo era diventato a pagamento e tale è rimasto: mi devo quindi accontentare dei miei ricordi e del titolo, ancora visibile: Italien im Rausch des Geldausgebens, L’Italia nel delirio della spesa.

evidentemente io sono molto più tedesco di quanto già mi viene rinfacciato di essere, perché quell’articolo rappresentava perfettamente il mio punto di vista.
non soltanto sul delirio attuale della nostra situazione politica dove detta legge a chi se la lascia dettare un signor nessuno di nome Renzi, politicamente parlando, uno che ha tradito i suoi elettori rubando deputatati e senatori al partito e allo schieramento nel quale erano stati eletti: errore compiuto anche dai vari D’Alema e Bersani, del resto…
non basta la situazione evidente da ricovero coatto e TSO di chi si mette a minacciare una crisi di governo in piena pandemia e di chi gli risponde minacciando le elezioni con contagio assicurato ai seggi.
ma la follia riguarda proprio l’oggetto del contendere, cioè la politica economica dei nostri governi, che da tempo cerca di trasformarci in visitatori compulsivi di centri commerciali.
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dal 1994 in poi, cioè dalla disgraziatissima discesa in campo di Berlusconi (da calcio e da tifo sportivo, più che politico), la politica in Italia è diventata una ininterrotta sequenza di favori: alla classe medio-alta con lui o anche soltanto media, con i governi di sedicente sinistra.
da un quarto di secolo la politica economica italiana è rappresentata da riduzioni fiscali per i ricchi sotto Berlusconi e poi da vari bonus e incentivi sotto i suoi successori un po’ meno di destra.
solo la prospettiva imminente del collasso finanziario portò nel 2011 al breve ed esecratissimo governo di Monti, chiamato dalle forze politiche unanimi a salvargli il culo – per dirla nel modo più elegante possibile – e subito dopo consegnato alla gogna e ad un odio popolare inestinguibile, per la ripresa dell’antico andazzo.
Renzi che lo sostituì dopo la breve parentesi più controllata di Letta, ha dilapidato decine di miliardi col bonus di 80 euro ai lavoratori dipendenti: un modo neppure tanto nascosto di mettere a carico del bilancio dello stato una quota non piccola dei salari che dovrebbero essere pagati dalle aziende.
i bonus edilizi – che vanno a favore dei proprietari, e quindi non proprio della parte più disagiata della popolazione – hanno raggiunto oggi l’incredibile percentuale del 110%, che è come dire che lo stato regala miglioramenti sostanziali del loro parco immobiliare ai proprietari più disposti a sfidare i cavilli infiniti della burocrazia, e neppure col limite della prima casa.
siamo arrivati, dopo mille provvedimenti a favore dell’acquisto di nuove automobili, alla barzelletta vivente del bonus monopattino; non manca quello tv, quello cultura, l’assegno ai 18enni per le spese culturali, cioè per andare al cinema, e poco manca che a breve compaia anche qualche bonus discoteca; intanto siamo arrivati allo sconto sulla spesa, non del supermercato, ma dello stato, purché fatta col bancomat, con la scusa della lotta all’evasione, ma in realtà per favorire le banche.
fra tutti ha suscitato critiche feroci sui media padronali soltanto il reddito di cittadinanza, a favore di chi ne aveva effettivamente bisogno; cioè, fra tutte le misure di spesa, l’unica socialmente giustificata.
il sostegno ai consumi, a debito, è diventata la linea maestra della nostra politica economica: ammazza l’economia sotto il peso degli interessi, che l’appartenenza all’Europa e l’infelice situazione generale ha reso solo un po’ meno pesanti, ma costituiscono un peso tuttora di decine di miliardi l’anno, che nessuno si sogna seriamente di intaccare, per non diminuire i profitti della finanza.
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il Covid ha fatto schizzare il debito alle stelle, ma non ferma la frenesia della spesa con cui un ceto politico squalificato e incompetente, oltre che ampiamente corrotto, corrompe a sua volta gli elettori acquistandone il consenso da complici.
ed ora i 200 miliardi di recovery fund si avviano a fare la stessa fine, osservava l’autorevole voce della classe dirigente tedesca, e verranno dilapidati alla stessa maniera.
la disputa tra Renzi e il resto della sua maggioranza parlamentare, da tempo minoranza nel paese, è feroce nei toni, ma inconsistente nella sostanza, e spiegata al popolo bue ed ignaro consiste in questo.
Conte ha presentato un progetto che nella sostanza si accontenta di caricare sui fondi europei una parte dei bonus in essere, per la loro prosecuzione; Renzi invece pretende che questi restino integralmente a debito e che i fondi siano dedicati tutti a spese nuove.
l’idea della residua simbolica sinistra di tassare le grandi ricchezze, invertendo l’andazzo, è stata respinta da questo parlamento praticamente alla quasi unanimità.
l’Europa guarda sgomenta questa disputa dissennata: l’opinione pubblica si è resa conto della follia dei tempi, molto meno della follia della sostanza.
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la mia personale opinione, forse soltanto paradossale, è che sarebbe bene che la lotta intestina tra politici vada fino in fondo, che questa cricca finisca di auto-disintegrarsi e che si arrivi alla scadenza ultima per la presentazione dei progetti, che non è troppo lontana, nel caos di questa rissa da cortile tra comari, facendo sfumare quella somma troppo grande per noi.
per la verità sarebbe meglio definirlo regolamento di conti tra boss camorristi, ma non ci sarà versamento di sangue alcuno, figurarsi Renzi: uno che dice che ritira le ministre domani o dopodomani, ma non lo fa mai…
il meglio sarebbe dunque che la rissa prosegua e che questa liberi l’Europa dal peso di rifiutarci quei fondi, semplicemente perché non arriveremo in tempo a chiederli.
altrimenti dovrebbe restare all’Unione Europea l’imbarazzo di rifiutarceli, perché i progetti per spenderli non corrispondono ai requisiti minimi di serietà richiesta per concederceli.
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ma ve li immaginate, allora, gli strilli concordi contro l’Europa matrigna e la Germania nazista, dopo?
del resto già Renzi ce ne fece sentire parecchi quando era ancora in grado di farne.
ma vedrete che tutto andrà a concludersi a tarallucci e vino: Renzi non ha nessuna possibilità di vincere uno scontro vero e non ha mai neppure voluto farlo, solo simularlo.
dategli il posto di ministro degli Esteri, lui che non vuole poltrone, e la soddisfazione di farsi fotografare con Biden: che almeno finisca di fare i disastri che Di Maio non è stato neppure capace di fare…
poveri elettori italiani: e fino a quando sopporterete queste follie?
Non sono tedesco, ma sono d’accordo. Per altro, ho la sfortuna di abitare nella regione col più alto consumo di suolo in Italia, dove passano ben quattro autostrade, e sentir ancora parlare di nuove infrastrutture da fare con quei soldi, mentre è ancora fresco il ricprdo del crollo di un ponte, regalato ai privati, cui nessuno aveva fatto manutenzione, be’…
Frattanto però la strategia funziona, ed i centri commerciali, pudicamente chiusi nei weekend, sono pieni durante la settimana.
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il potere è prima di tutto capacità di trasformare antropologicamente gli esseri umani.
e adesso viviamo in uno stato che ha una costituzione di fatto non dichiarata; l’Italia è una repubblica fondata sul consumo.
prima di tutto il consumo come feticcio universale, oggi alimentato dalle nostre tasse e dal nostro debito.
poi anche il folle consumo del suolo, sono d’accordo, anche se ci sono casi – che dovrebbero essere limitati – in cui certe infrastrutture servono davvero.
se si riuscisse a ricondurre i consumi ad una dimensione ragionevole o, come si sul dire, sostenibile, dovrebbe essere anche chiaro quando le infrastrutture servono.
(vivo in un paese che fino agli anni Sessanta era collegato al fondovalle soltanto da una mulattiera dissestata o da una strada di una quindicina di km verso Salò, e che tuttora, a parte questo, può raggiungere due paesi contigui su tre soltanto con un paio d’ore a piedi; eppure anche lui è stato devastato da un consumo di suolo assurdo per costruire villette e a volte ville pseudo-californiane, anziché recuperare le vecchie case che sono state invece demolite volentieri snaturandolo quasi completamente. quindi ho l’esempio davanti di un consumo di suolo e di una distruzione del paesaggio squilibrato piuttosto verso il privato).
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Io non penso che esista un consumo sostenibile.
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sei più pessimista di me allora; io penso che uno stile di vita intermedio tra quelli del passato e l’attuale, pressapoco come negli anni Cinquanta, almeno a livello quantitativo, e con una popolazione mondiale dimezzata lo sarebbe. e internet, usata in un certo modo, potrebbe contribuire ad una riduzione dei consumi globali.
in sostanza, sto dicendo all’attimo: fermai nel 1948, quando sono nato io… 😉
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Il ragazzo è assai proteso verso una volontà reinventata di successo nella commedia dell’arte. Il suo è personaggio trito, di sicuro effetto, di facile interpretazione. E’ il bulletto del quartiere, il Miles di Plauto. Non v’è speranza di redenzione, nemmeno v’è fuga dal ridicolo. Ve ne sarà uno, sempre, in ogni recita a soggetto. Adesso tocca a lui. La cosa più sconfortante non è ritrovarsi a fare i conti per le sue bizze: non è che abbiamo acquistato il biglietto per lo spettacolo. Piuttosto mi tremano financo le gengive per un complesso sistema di relazioni ed equilibri che di fatti vezzi d’apparizione sembra compiacersi. Di queste o d’altre d’inquieto sonno, di risposte tanto antropologicamente regressive, quanto orrifiche in prospettiva. Ahimè, se nella patria della Calandra, ciò accade con sommo giubilo di giornali e giornalisti che alla finestra osservano l’epifenomeno, l’arma di distrazione funziona. Ma – mai mal comune fu così poco mezzo gaudio -, sia pur con teatralizzazioni d’altro stile, altrove s’arrabattano non troppo meglio. E’ che nei sistemi morenti, come nel malato terminale riaffiora pure la prostatite trascurata, la dissimulazione della patologia è d’obbligo. Il sistema s’è attaccato alla fermata col capolinea intasato, tutto l’occidente con i suoi tristi emuli, che col pallottoliere fa i conti del PIL e non s’avvede della più scontata delle profezie marxiane, l’azzeramento del saggio tendenziale del profitto, defunto da almeno trent’anni, surrogato con la flebo data in prestito ad un infermiere bocciato all’abilitazione.
P.S. Ho letto i tuoi commenti sul vaccino, e ne condivido il senso in larghissima parte. Sono un ex genetista, poi, per fortuna, sono guarito, anche se, di tanto in tanto, mi riaffiora sotto traccia qualche sintomo.
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questo commento mi lascia senza fiato per due motivi:
1. lo splendido stile letterario; altro che genetista pentito!
2. non ti dico poi l’autorevole consenso in linea generale di un genetista pentito ai miei tentativi di riflessione vaccinale: decisamente troppo per me.
inutile aggiungere che condivido anche nel merito punto per punto quello che dici sul miles gloriosus, sulla distrazione di massa (ma chi credono di distrarre?), sulla crisi generale del sistema che dobbiamo per forza chiamare capitalistico, se non vogliamo usare degli pseudonimi.
grazie grazie. 🙂
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