Krieger e Dall’Orto sulla Fonte Q e sulle origini cristiane – 142

ho ricevuto tempo fa questo messaggio:

15/03/21, 09:04 – Roberto B.: Di un certo interesse per me anche questo commento: http://www.giovannidallorto.com/librisaggi/klausstefan/fonteq.html

Krieger Klaus-Stefan, I veri “Detti di Gesù”. Il messaggio della fonte Q, San Paolo, 2006 [2003].

e ho risposto:

15/03/21, 10:30 – Mauro: La recensione di Dall’Orto e il testo recensito sono molto interessanti. Mi distacco al solito su due punti.

.1. Il nucleo originario del Vangelo secondo Giovanni antichissimo, in parte scritto con Jeshuu ancora in vita e per dimostrare che era lui il Messia.

2. Lettere di Paolo, falso marcionico del II secolo.

Senza questo passaggio in particolare la ricostruzione esce falsata in qualche punto essenziale…

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ed ora, in attesa di occuparmi direttamente del testo, quando mi arriverà, esamino intanto, punto per punto, la Recensione di Giovanni Dall’Orto, che credo di avere anche conosciuto personalmente sotto tutt’altra veste che in quella di studioso dei vangeli, in anni molto passati.

al solito le citazioni – della recensione di Dall’Orto del testo di Krieger – in corsivo e le mie osservazioni in caratteri normali.

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Ottimo lavoro di ricerca sul Gesù storico attraverso la “Fonte Q”. È noto da secoli come i tre vangeli non a caso detti sinottici procedano di concerto, mentre il Vangelo di Giovanni segua uno schema diverso.
Due secoli di analisi filologica hanno mostrato che tale concordanza avviene perché “Matteo” e “Luca” (chiunque fossero) scrivono i loro vangeli avendo (per così dire) sul tavolo due fonti: una è il Vangelo di Marco, che funge da “filo rosso” per i loro propri vangeli, e l’altra è un documento che non è giunto fino a noi, e che appare in Matteo e Luca solo quando si discostano dal testo di Marco e lo integrano, spesso con parole assolutamente identiche (dunque, non era una fonte orale, dato che in tal caso le parole sarebbero state diverse).
Questa seconda fonte (in tedesco, “Quelle”) comune, è stata designata convenzionalmente come “Q” o “Fonte Q”. In questo agile libretto divulgativo – scritto con grande chiarezza e semplicità – Krieger fa il punto su quanto è stato possibile ricostruire sulla “Fonte Q”.
Dalla sua analisi essa emerge come una semplice raccolta, in aramaico, di Lòghia Iesous (“Detti di Gesù”), sul tipo di quella che ci ha conservato l’affascinante Vangelo di Tommaso (tornato alla luce solo nel 1947). Il quale è appunto una raccolta di detti, elencati tutti di fila, senza l’inquadramento in una cornice storica di avvenimenti, come accade invece nei quattro vangeli canonici.

rimane in ombra la tesi che i logia non indicassero una pura raccolta di detti, ma una narrazione in cui i detti avevano una parte preponderante; la ricostruzione della Fonte Q fatta da Robinson va appunto in questa direzione.

Krieger è cristiano, e questo lo spinge a volte a non approfondire troppo alcuni aspetti che confliggerebbero eccessivamente con l’immagine religiosa di Gesù, ma a parte questo (che più che un difetto è un punto di vista) il suo tentativo di ricostruire il “Gesù storico” attraverso il primo (ahimè perduto) testo che ne parlò, è sincero ed onesto. Il suo studio non distorce mai i fatti per ragioni polemiche ed è sempre solido ed affidabile. Lo scopo dell’autore è arrivare ad una comprensione storica di Gesù, che “non è obbligato nella buona e nella cattiva sorte a essere fuori dal comune, per fornire più puntelli possibili per la sua futura adorazione come Cristo. Gesù ha il permesso di essere uomo” (p. 18).
Vediamo dunque cosa racconta Krieger.

rimane in ombra, in questa presentazione di Dall’Orto, l’interpretazione alternativa alle concordanze tra i tre vangeli sinottici, che interpretano Marco come una sintetizzazione di Matteo, considerato come il vangelo più antico, ancora rivolto all’ambiente ebraico, a quello ellenistico Marco, e Luca come un autonomo rifacimento di entrambi.

tuttavia, dato che personalmente non condivido queste due tesi, il male mi pare minore, anche se mi rimane una certa delusione se Krieger non ha affrontato e criticato queste due prospettive, come avrei gradito.

non sono poi affatto convinto che la Fonte Q sia il primo testo che parlò di Jeshuu e tantomeno che possa essere assunta come base per la ricostruzione del Gesù storico, in maniera acritica.

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La parte di Q preservata nei vangeli ammonta a circa 200 versetti biblici: è su questa parte superstite che Krieger basa la sua analisi successiva. La redazione definitiva di Q si data fra il 50 e il 70 d.C. (con maggiore plausibilità per la seconda data – ma qui è probabile che Krieger si riferisca soltanto alla tradizione orale che ne fu il fondamento, e non alla stesura scritta, che invece più tardi colloca correttamente solo dopo il 70 d.C., cioè dopo la fine della guerra giudaica): dunque, una sola generazione dopo la morte di Gesù e come minimo una generazione in meno rispetto a quella cui appartennero gli evangelisti. Da qui l’interesse per questo testo perduto, di cui non a caso è stata approntata e pubblicata nel 2000, da una commissione di filologi, una ricostruzione.

la collocazione della data di redazione della Fonte Q in un periodo imprecisato fra il 50 e il 70 d.C. è estremamente deludente; e così, per l’assunzione acritica del 30 circa come data di morte di Jeshuu.

mi soffermerò adesso su questo punto, perché al solito, gli storici delle origini cristiane sono degli specialisti che si concentrano con un’ottica limitata sui problemi della formazione e della trasmissione dei testi, ma li decontestualizzano, impedendosi così una comprensione autentica del problema.

proverò a riesaminare la questione dal punto di vista della mia ipotesi di ricostruzione dei fatti.

infatti, se Jeshuu è da identificare col profeta egiziano di cui parla Giuseppe Flavio, come credo, la conclusione della sua avventura religiosa e politica si pone nel 52-53 d.C. e non negli anni fra il 30 e il 33 d.C. fissati dalla tradizione successiva; la sua predicazione si svolse per quasi un decennio, almeno, visto che quello che i vangeli chiamano Giovanni il Battezzatore è probabilmente da identificare con Teuda, il protagonista di un tentativo di rivolta religiosa e politica contro i romani, partita dalla sponda orientale del Giordano, e fallita per l’intervento del procuratore romano Fado che lo catturò e lo fece decapitare, dopo averlo imprigionato, nel 44 d.C.. e poco dopo il suo successore nella carica di procuratore, l’ebreo Tiberio Giulio Alessandro, catturò e crocifisse due figli di Giuda il Galileo, Simone e Giacomo, che avevano capeggiato analoghi tentativi di rivolta, nel 46 d.C. e che si chiamavano come due dei fratelli di Jeshuu di cui parlavano anche i vangeli canonici; resta la vaga suggestione che a questo accennino anche questi vangeli, quando dicono che Jeshuu fu crocifisso fra due ladroni, che era il termine con cui Giuseppe Flavio indicava gli insorti zeloti.

Jeshuu guidava una nuova corrente degli zeloti di carattere più profetico che direttamente militante; tuttavia anche la sua attesa nel 53 d.C. sul Monte degli Ulivi, davanti a Gerusalemme, di un intervento divino per la distruzione delle mura e del tempio, oramai definitivamente profanato dalla gestione dei sadducei e della corrente filo-romana dei farisei, si risolse in uno scontro sanguinoso con i Romani, da cui lui personalmente riuscì a scampare in qualche modo, ma la maggior parte dei suoi seguaci venne massacrata sul posto.

la sua eredità fu raccolta da un suo seguace, Eleazar (o Lazzaro), di una importante famiglia sacerdotale, che aveva già raccolto in un breve opuscolo i segni che dimostravano che Jeshuu era il messia indicato dalle profezie ebraiche e che ora, in una edizione ampliata dello stesso opuscolo, l’Annuncio del Nuovo Regno (o Evanghelion, in greco), dava qualche fantasiosa e leggendaria versione della scomparsa misteriosa di Jeshuu, e si presentava come il suo seguace prediletto, che annunciava il suo imminente ritorno per la restaurazione di una legittima monarchia ebraica, a base teocratica, guidata da un discendente puro di Davide; l’azione di Eleazar ebbe un ruolo centrale nella rivolta contro i romani del 66-73 d.C., durante la quale gli insorti posero sul trono Menahim, della famiglia di Giuda il Galileo e probabilmente figlio di Jeshuu, che poi fu rapidamente deposto e ucciso per le sue pretese autoritarie; Eleazar fu l’ultimo dei resistenti alla riconquista romana della Palestina e si suicidò, assieme ai suoi ultimi 900 seguaci, nella fortezza di Masada nel 73, appunto.

anche se non vogliamo accettare la proposta di identificazione di Jeshuu col profeta egiziano, pensiamo almeno che questo fu il contesto storico dell’epoca in cui si colloca la vicenda di Jeshuu, e che i messianisti di quel tempo (christiani o chrestiani, nella traduzione latina) passarono attraverso ripetute brucianti sconfitte: quella di Teuda/Giovanni il Battezzatore del 44; quella di due figli di Giuda il Galileo del 46; quella del profeta egiziano (di Jeshuu?) del 52-53, e infine la più disastrosa di tutte, quella della guerra giudaica, che vide nel 70-73 d.C. lo sterminio dei seguaci di Jeshuu che si erano raccolti attorno a Eleazar.

in questo quadro la sopravvivenza stessa del messaggio di Jeshuu presenta qualcosa di miracoloso, considerando che ben pochi dei suoi veri seguaci dovevano essere sopravvissuti a tante successive sconfitte e conseguenti stragi, e che la popolazione ebraica stessa, o almeno quanti erano sopravvissuti a quella guerra terribile, era stata in larga parte dispersa dalla Palestina, dopo la totale distruzione di Gerusalemme ad opera dei romani nel 70 d.C.

ma come poté avvenire questa specie di miracolo?

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dopo la disfatta completa dell’ala militante dei suoi seguaci, la sopravvivenza della memoria della figura oramai lontana di Jeshuu rimane affidata ad alcuni dei suoi che avevano accentuato il valore profetico e morale della sua predicazione, prendendo le distanze dall’ala più politica.

e avevano cominciato a rivolgersi, attraverso il ricco mondo dell’emigrazione ebraica, alla realtà sociale più ampia del mondo ellenistico in cui questa era immersa, anche con echi evidenti derivati dalle religioni orientali e indiane, in questo mondo relativamente conosciute.

erano soprattutto due, il fratello gemello Giuda, detto appunto il Gemello o Toma in ebraico, e Filippo: entrambi vennero a trovarsi in seguito ad essere punto di riferimento di una lettura gnostica del messaggio di Jeshuu.

quindi, dopo la fine della prima guerra ebraica sopavvivevano:

.1. la seconda redazione dell’opuscolo Annuncio del Nuovo Regno, redatto, dopo la misteriosa sparizione di Jeshuu, ma prima dello scoppio della rivolta antiromana e della guerra, a cura di Eleazar, come raccolta di dodici testimonianze su Jeshuu ad opera di suoi diversi seguaci (detti in seguito discepoli, quando la figura di maestro morale cominciò a prevalere nella caratterizzazione di Jeshuu su quella di leader e agitatore politico-religioso);

2. una raccolta di suoi detti, iniziata essa pure mentre lui era ancora in vita, appunto quelli in aramaico della cosiddetta Fonte Q e a carattere fortemente connesso alla religione ebraica;

3. una raccolta di detti alquanto diversa, messa appunto per iscritto dal fratello gemello di Jeshuu, che aveva nome Judas, come il loro padre.

4. forse una ulteriore raccolta di detti, in realtà di epoca non ben precisabile, che faceva capo alla figura di Filippo, il seguace di Jeshuu più aperto al mondo greco-romano.

su questa base venne poi ad innestarsi il tentativo di tracciare una sintetica storia dell’azione di Jeshuu, la prima redazione, oggi perduta, del Vangelo secondo Marco, col quale entriamo però in una fase successiva della formazione di una vera e propria tradizione cristiana.

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secondo la mia ricostruzione, Jeshuu, individuato dal movimento messianista, fondato da suo nonno Ezechia e proseguito da suo padre Giuda il Galileo, come l’erede dinastico della famiglia degli autentici discendenti da Davide, e suo fratello gemello Giuda, entrambi erano stati fatti allevare da un seguace, padre fittizio, per motivi di sicurezza, in Egitto, da cui Jeshuu venne richiamato a predicare nel tempio, addirittura, nel 6 d.C., quando aveva 12 anni, nel pieno della rivolta contro il censimento romano promossa da Giuda il Galileo suo padre.

ecco come spiego il lato oscuro della vita di Jeshuu prima dell’inizio della sua azione in Palestina.

era poi rientrato nel momento in cui un forte movimento messianista e profetico si era raccolto attorno alla figura di Teuda, o Giovanni, il battezzatore, ma aveva subito i contraccolpi della sua rapida cattura e successiva condanna a morte nel 44; poi di un avventato tentativo insurrezionale dei fratelli stessi di Jeshuu nel 46, e per ulteriori sette anni aveva vissuto una vita di agitazione semi-clandestina, fino a che nel 53 i tempi erano stati sentiti come maturi per l’intervento diretto divino, a cui i seguaci di Jeshuu si erano comunque preparati armati.

nella confusione di quello scontro era poi scomparso, lui, il profeta egiziano, come spregiativamente lo avevano soprannominato i membri dell’élite sadducea e farisaica (ma Jeshuu aveva dei sostenitori tra questi ultimi, come membro di una famiglia che aveva diverse benemerenze verso i farisei); il più militante dei suoi seguaci raccontò che era stato crocifisso dai romani per istigazione dell’élite giudaica corrotta e cominciò a preparare un nuovo assalto al cielo.

difficile giudicare oggi sulla verità di questo racconto: l’unica base storica per riconoscerlo vero potrebbe venire soltanto dalla Sindone, se si dimostrasse che la datazione al radiocarbonio fu viziata; alcuni sostengono che fu dichiarata falsa proprio per dimostrare vera la crocifissione, e che in realtà con la dichiarazione del falso medievale si voleva nascondere che la Sindone, se autentica, semmai, dimostra che quell’uomo crocifisso non era morto quando fu avvolto nel sudario, visto che contiene tracce di sangue vivo colato dal corpo quando fu avvolto nel sudario.

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questa ricostruzione, che ovviamente molti giudicheranno semplicemente fantasiosa, ha diversi indizi particolari a suo favore, che ora non starò a ricordare, ma che ho elencato via via nei miei studi che mi hanno portato a questa ipotesi conclusiva.

qui ne citerò soltanto uno nuovo, di cui non ho mai parlato: Papia, il più antico testimone cristiano della formazione della tradizione cristiana, afferma in un frammento della sua opera in 5 libri, Esposizione dei santi detti del Signore, che alcune persone resuscitate da Jeshuu erano rimaste in vita sino ai tempi dell’imperatore Adriano, che regnò tra il 117 e il 138 d.C. – il frammento è citato sia da Eusebio di Cesarea nella Storia Ecclesiastica, sia dall’apologista Quadrato in un suo frammento riportato da Filippo di Side, come si pensa, in una forma un poco diversa. (Enrico Norelli traduce il titolo dell’opera di Papia come Esposizione degli oracoli del Signore, ma trovo il termine oracoli piuttosto inadeguato rispetto alla interpretazione della parola logia che Norelli stesso dà e che mi sento di condividere; quindi, sopra, ho corretto a modo mio).

risulta evidente l’impossibilità che persone risuscitate attorno all’anno 30 d.C., a cui all’incirca viene tradizionalmente attribuita la morte di Gesù, fossero ancora in vita novant’anni dopo; ma lo scenario diventa più plausibile se spostiamo la data più avanti, secondo la nuova cronologia proposta: che ci fossero persone dichiarate resuscitate da Jeshuu 65 anni prima diventa ora almeno teoricamente possibile.

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ma vi sono almeno due grossi ostacoli contro questa ricostruzione.

il primo è il ruolo di Pilato nella storia di Gesù: e Pilato fu attivo in Palestina soltanto fino all’anno 36 d.C.. la chiara attribuzione a Pilato della condanna a morte di Jeshuu da parte di tutta la tradizione è assolutamente unanime su questo punto, anche se poi attribuisce a Pilato la carica di procuratore, che fu invece tipica soltanto dei governatori romani successivi della Palestina, e le raccolte di detti più antichi, da quelli raccolti da Giuda il Gemello o Tommaso a quelli della Fonte Q, tacciono tutti su questo punto e ignorano non solo la resurrezione, ma perfino la crocifissione.

secondo me, questa condanna a morte di Jeshuu non ci fu mai, se Jeshuu fu il profeta egiziano, altrimenti Giuseppe Flavio l’avrebbe sicuramente ricordata, ma fu inventata da Eleazar per giustificare l’incomprensibile sparizione del suo maestro, e quindi la possiamo spiegare con uno di questi motivi, o anche con tutti assieme:

1. l’uso generico del nome Pilato per indicare, per metonimia, il procuratore romano del momento, visto che Pilato aveva governato più a lungo di ogni altro ed anche nel modo più duro, così da diventare memorabile;

2. la volontà si far coincidere i tempi della vicenda di Jeshuu con quelli della profezia di Daniele, che, secondo i calcoli del tempo, collocava l’avvento del messia di Israele attorno all’anno 30, quindi sotto Pilato;

3. possibili motivi cospirativi che consigliavano di sfasare cronologicamente il racconto per evitare troppo facili identificazioni dei protagonisti.

indico queste tre possibili motivazioni in ordine decrescente; ma è anche possibile che il nome Pilato sia stato introdotto nei testi solo in seguito da chi li trascriveva, quando oramai si era esaurita tutta la fase militante del movimento dei messianisti cristiani.

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la seconda obiezione possibile a questa ricostruzione e quella in apparenza più solida è quella relativa alla cronologia delle presunte lettere di Paulus, che verrebbe a sovrapporsi alla datazione della vicenda di Jeshuu, o almeno appena in parte.

ma, secondo me ed altri, la leggenda nata successivamente attorno alla figura di Paulus serviva per modificare completamente il quadro delle vere origini cristiane e il loro carattere politico eversivo, e sovrapporvi invece le problematiche, e i modi stessi di vita delle comunità cristiane del II secolo: quindi la fragilità di questa obiezione è evidente: le Lettere attribuite a Paulus sono di molto successive al periodo nel quale sono datate; rinvio di nuovo al mio studio complessivo sull’argomento, qui: https://bortocal.wordpress.com/?s=CCMC&submit=Cerca.

fra l’altro sottolineo che alla convinzione documentata che ho riferito qui sopra sono arrivato, attraverso uno studio autonomo, ben prima che mi si affacciasse alla mente l’identificazione risolutiva di Jeshuu col profeta egiziano e credo che questa idea potrebbe perfino sopravvivere, quindi, a qualche prova definitiva che smentisse quest’ultima.

qui di nuovo indico soltanto una nuova evidenza del falso paolino, mai citata prima: il principale elemento di differenziazione fra Jeshuu e la comune tradizione ebraica, quale risulta dal nucleo originario del Vangelo secondo Giovanni, cioè dall’Annuncio del Nuovo Regno, era la questione del rispetto del sabato: era questo il principale argomento di polemica tra Jeshuu e il farisaismo tradizionalista e la sua violazione gli veniva rinfacciata, ma era caratteristica condivisa da una corrente particolare degli esseni, quella dei Nazareni; nelle Lettere attribuite a Paulus, invece, il tema centrale diventa quello del rifiuto della circoncisione, che divenne attuale solo nel II secolo, dopo che un editto dell’imperatore l’aveva vietata, in relazione alla seconda rivolta ebraica del 135 d.C..

non è pensabile che, se Jeshuu avesse davvero contestato la circoncisione, nessun altro testo cristiano delle origini ne accenni minimamente, mentre non ha la minima attendibilità storica che un oscuro convertito potesse sollevare questo problema negli anni in cui in Palestina crescevano le tensioni che avrebbero portato alla disastrose guerra giudaica: di nuovo manca una contestualizzazione storica del racconto; passi che questo avvenga nelle Lettere attribuite a Paulus e negli Atti degli apostoli, ma è totalmente inaccettabile negli storici moderni.

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aggiungo ancora una testimonianza che mi sembra schiacciante per confermare l’attribuzione a Marcione delle Lettere di Paulus, che lui del resto riteneva dovessero costituire il canone dei testi sacri cristiani assieme al Vangelo secondo Luca, costruito appunto in quello stesso contesto, in una prima redazione più concisa che oggi non possediamo più.

si tratta di un Prologus in latino al Vangelo secondo Giovanni, contenuto in un certo numero di manoscritti latini della bibbia, assieme ad altri due anche al Vangelo secondo Marco e secondo Luca; secondo gli studi di De Bruyne e von Harnack l’intero complesso dei tre prologhi si formò a Roma nel 160-180 d.C. con una funzione polemica contro Marcione; secondo Regul si tratta invece di testi di origine diversa e questo particolare Prologus a Giovanni risale probabilmente al IV secolo; e questa tesi è accolta anche da Norelli nella sua edizione dei frammenti di Papia.

in ogni caso esso contiene una informazione dalla portata straordinaria: Il Vangelo di Giovanni fu rivelato e dato alle Chiese da Giovanni, quando era ancora nel suo corpo, come scrisse un uomo di Hierapolis, di nome Papia, discepolo di Giovanni a lui caro, nei suoi libri destinati al pubblico, cioè nei suoi ultimi cinque: e mise per iscritto il vangelo sotto dettatura di Giovanni, in modo corretto. Ma l’eretico Marcione, esecrato da lui [cioè da Papia, come pensa Norelli, oppure da Giovanni? penso che ubi maior, minor cessat e che si stia parlando di Giovanni, ben più autorevole di Papia, ma questo Giovanni non è certo l’apostolo, che non poteva essere ancora vivo ai tempi di Marcione, bensì il presbitero che era stato maestro di Papia], perché aveva convinzioni contrarie alle sue, fu rifiutato da Giovanni. Quello [cioè Marcione], invero, aveva portato da lui degli scritti o delle lettere, che gli venivano dai confratelli che vivevano nella regione del Ponto [costa anatolica del Mar Nero].

l’intera testimonianza pone problemi pressoché insolubili per la cattiva qualità dell’espressione e forse anche per qualche corruzione del testo, però la chiave di volta per quel che ci riguarda qui sta tutta nell’ultima frase che mette in relazione il rifiuto di Marcione da parte di Giovanni il presbitero col fatto che aveva portato a Efeso dalla regione da cui veniva scripta vel epistulas.

Norelli parla di lettere di raccomandazione per Marcione da parte dei cristiani del Ponto, ma questa spiegazione è inconsistente: non si comprende come queste lettere siano abbinate ad altri scritti e soprattutto che relazione possano avere col rifiuto delle idee di Marcione, giudicato eretico.

queste epistulas sono chiaramente, io credo, le lettere che Marcione aveva composto sotto il nome di Paulus e che voleva far credere che gli erano state consegnate dalle chiese del Ponto: lettere che presentavano una lettura così innovativa allora del messaggio cristiano ed una interpretazione così rivoluzionaria della figura di Gesù, che vennero rifiutate portando all’espulsione di Marcione dal corpo delle chiese cristiane, come eretico.

a me questa pare l’interpretazione più chiara e convincente di questo passo, ma non mi risulta che a nessuno sia mai venuto neppure in mente di proporla tra gli studiosi ufficiali del cristianesimo.

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in ogni caso, si accetti oppure no questa ipotesi di ricostruzione, quello che rimane solido e indiscutibile è il quadro storico in cui l’azione di Jeshuu si colloca: quello di dure, successive sconfitte dei tentativi di rivolta contro i romani e della dispersione finale dello stesso popolo ebraico nel suo insieme da Gerusalemme e dalla Palestina.

questo quadro, che gli studiosi della storia del cristianesimo tendono a dimenticare, dà piena ragione del carattere rapidamente leggendario assunto dalla figura di Jeshuu nella morte della maggior parte dei suoi seguaci, se non altro nella guerra giudaica.

e rende assolutamente impossibile, per tornare alla datazione proposta da Krieger per la Fonte Q, che ci fosse qualcuno che si preoccupasse di mettere per iscritto qualcosa che lo riguardava attorno all’anno 70, nel pieno dei massacri romani contro Gerusalemme.

se vi furono fonti scritte su di lui, un nucleo di testi va identificato prima (come è stato fatto sopra), ma la ripresa di questa rielaborazione poté avvenire soltanto qualche anno dopo il 70, direi indicativamente dall’80 d.C. in poi.

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ma torno alla recensione di Dall’Orto, dopo questa lunga annotazione.

Q nasce come raccolta in aramaico (come dimostrano i semitismi presenti nel testo greco) di detti da imparare e tramandare a memoria (prassi comune nelle società analfabete); dopo la Guerra giudaica – ma allora questa datazione, credibile, è in contraddizione con quella riportata all’inizio! ed è inutile sottolineare che contraddice tutta la cronologia corrente sulla formazione dei vangeli sinottici – viene messa per iscritto e tradotta in greco, probabilmente in Siria. Il Gesù che emerge dalla fonte Q è decisamente diverso da quello della tradizione cristiana corrente. È in primis “Figlio dell’Uomo” anziché Figlio di Dio (termine che non appare mai nei versetti provenienti da Q, salvo una volta: sulla bocca del diavolo!).
Q non conosce la Passione e la Resurrezione.
“Ciò stupisce ancora di più, in quanto per Paolo la morte e la resurrezione di Gesù sono il perno della sua teologia”, chiosa Krieger (p. 51). Senza però trarre la più ovvia conclusione in merito al fatto che è la teologia di san Paolo (che non conobbe mai Gesù, né fu mai a scuola da uno dei suoi discepoli), e non quella dei veri discepoli di Gesù, ad essere la base di quella cristiana… L’autore di Q pensa che Gesù tornerà sulla terra come supremo giudice nel corso della – imminente – fine del mondo, ma lo farà come uomo (Figlio dell’Uomo), non come divinità.
Krieger commenta: “Il modo in cui la fonte dei logia esprime il significato di Gesù, (…) mostra che Q è ancora del tutto a casa nella fede ebraica. Diversamente da Paolo o dai vangeli, i cristiani della fonte dei logia non vengono quasi per nulla influenzati dai modi di pensare della cultura greco-romana. Si rivolgono con il loro messaggio solo agli ebrei e invitano Israele alla conversione” (p. 59).
“Ma anche a partire da premesse ebraiche, la fonte dei logia fa sentire la mancanza di molti aspetti, che ci attenderemmo dai vangeli. Manca completamente il titolo di “Cristo” e Gesù non viene definito messia. Gesù appare come un profeta: colui che inaugura l’inizio della salvezza divina e che tornerà alla fine dei tempi, per giudicare i vivi e i morti” (p. 60).

questa annotazione è veramente molto importante, e induce a riconsiderare questo aspetto del problema, per come viene affrontato nel nucleo originario del Vangelo secondo Giovanni, cioè nell’Annuncio del Nuovo Regno, dove il tema viene discusso.

e va notato che, se Jeshuu viene considerato nella Fonte Q un profeta, questa definizione coincide con quella Giuseppe Flavio dà di quello che chiama il profeta egiziano!

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il resto della recensione la riporto soltanto per completezza espositiva, rinunciando a commentarlo punto per punto; dove la penso diversamente da Krieger o da Dall’Orto si ricava bene, del resto, da quanto ho scritto sopra: è ovvio che, se si considerano autentiche, almeno in parte le Lettere di Paolo, si finisce in un groviglio di contraddizioni senza senso: l’analisi della Fonte Q dimostra, al contrario di quel che afferma Krieger e che crede anche Dall’Orto, che non vi sono riferimenti polemici a Paolo e alla sua teologia come emerge della Lettere a lui attribuite, cosa che sarebbe perfettamente logico attendersi se queste fossero davvero scritte prima della Fonte Q, come vorrebbe la cronologia attendibile che Krieger stesso ha costruito.

Non stupisce insomma (aggiungo qui io – cioè Giovanni dell’Orto) se un cristiano legato come Giovanni di Patmos al cristianesimo delle origini ebraiche, e quindi vicino alla figura di Gesù come profeta e Giudice della Fine dei tempi (quale è nella sua Apocalisse), cucia all’Anticristo panni fatti su misura per Paolo, e per il suo Gesù tutto mistica che sembra uscito pari pari (orrore!) dai culti misterici pagani.

Insomma, la teologia di Q è distante mille miglia da quella di Paolo (che però alla fine avrebbe prevalso): “Gesù non è morto per i nostri peccati, ma subisce la fine tragica di molti profeti. Tuttavia, la morte di Gesù non rappresenta la fine (…). Paolo realizza l’annuncio del Risorto, Q, al contrario, sottolinea l’annuncio proprio di Gesù” (p. 64).
Al tempo stesso, in Q sono quasi assenti i miracoli, che probabilmente arrivano al testo dei vangeli canonici per un’altra via ancora, quella dei racconti orali e delle leggende popolari.

osservo io che anche questo aspetto contrasta direi frontalmente con l’Annuncio del Nuovo Regno, dove i miracoli sono esplicitamente i segni del carattere messianico della figura di Jeshuu e sono considerati la garanzia del carattere divino della sua missione.

A questo punto del libro, un excursus: le pp. 68-81 sono dedicate all’esame delle fonti storiche (alcune delle quali, come Mara bar Serapion e Thallos, per niente banali) in base a cui è possibile affermare che Gesù esistette davvero. Visto che personalmente non ne dubito, ho trovato questa parte un po’ superflua, ma ovviamente qui ognuno deciderà di persona.

Il cap. III sottolinea poi il messaggio socio-politico di Gesù, che gli ultimi due papati cattolici hanno teso a svalutare e censurare con ogni possibile mezzo. Al contrario, nella fonte Q le beatitudini parlano di chi ha fame di cibo, e non di astratta giustizia, e promettono un miglioramento sociale qui ed ora, non in futuro o nell’aldilà: “Diversamente da Luca, Q non conosce la contrapposizione fra “avere fame ora” e “piangere ora”, ed essere saziati in futuro e ridere e “giore in quel giorno”. In Q le beatitudini annunciano un miglioramento imminente della situazione degli affamati e di coloro che piangono, non una ricompensa nell’aldilà. Le beatitudini, nella forma presentata da Q, mettono sottosopra tutte le attese attuali” (p. 84).
Le pagine che seguono sono di estremo fascino ed interesse. Attraverso l’analisi del linguaggio e dei luoghi dei loghia, emerge un raggio di azione di Gesù in un ambito contadino, nel quale si rivolge sempre ai poveri, ragionando dei loro bisogni immediati, concreti. Che Krieger analizza in un rapido esame della condizione sociale della Palestina dell’epoca.
Insomma, come sottolinea Krieger, la potenza del messaggio del Padre nostro, che chiede il diritto al pane quotidiano e la cancellazione dei debiti, è andata perduta nel messaggio cristiano odierno (oggi non dico l’Udc ma neppure il Pd oserebbe proporre tanto…). Ma all’epoca doveva fare ben altro effetto.
Fa un po’ sorridere il fatto che al termine di un’appassionata perorazione, sul valore dirompente di questa parte del messaggio originario di Gesù, l’autore attribuisca al “materialismo” (p. 103) la causa di tale deviazione. Che candore! Ma, mi ripeto, si tratta pur sempre di punti di vista…

Il IV ed ultimo capitolo è dedicato alla situazione politica della Palestina fino allo scoppio della Guerra giudaica.
Qui l’autore si lascia prendere da alcune reticenze, dovute a una lettura in ottica pacifista di Gesù, che mal digerisce il fatto che lui e la sua cerchia fossero fin troppo contigui a veri e propri “Fronti di liberazione della Palestina”, come quello degli zeloti (detti anche “ladroni” o “briganti”… proprio come i due condannati crocifissi – non certo per caso – assieme a Gesù).
Così, senza spiegazioni, gli zeloti al seguito di Gesù divengono “ex” zeloti (p. 109), non si sa sulla base di quale documenti…

Krieger arriva a dichiararlo apertamente: “Il tentativo di realizzare a forza il regno di Dio con il fuoco e con la spada non appartiene all’orizzonte di Gesù” (p. 117).
In realtà nei vangeli canonici sono rimaste troppe tracce del contrario.
Dopo tutto, quando fu arrestato Gesù andava in giro con una banda armata (l’orecchio del servo di Malco non fu tagliato da una sberla, ma da un colpo di spada), come del resto da lui raccomandato quando invitò a vendere piuttosto anche il mantello (oggi diremmo: il cappotto) pur di riuscire a comprare una spada da portare con sé… Se le spade erano “estranee al suo orizzonte”, allora per quale motivo ne raccomandava l’acquisto?
Specie alla luce del fatto che sono i Vangeli stessi, non certo io, che presentano gli apostoli come ben pronti ad usarla, questa spada…

Ma siccome qui siamo già fuori dalla valutazione relativa alla fonte Q, credo che la discussione su questo aspetto del Gesù storico esuli dalla recensione del volume. Che ho cercato di riassumere per grandi linee per mostrarne il vivo interesse storico e la ricchezza di spunti di riflessione, che ne raccomandano la lettura a chiunque sia interessato, a qualsiasi titolo, alla ricostruzione della figura storica di Gesù.

. . .

e lo stesso faccio io, associandomi a Dall’Orto: peccato soltanto che il testo di Krieger sia oramai irraggiungibile e uscito dal mercato!

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13 commenti

  1. La ricerca storica è sempre interessante perché cerca di illuminare con documenti alla mano, e anche con intuizioni e deduzioni che nascono durante lo studio, epoche e fatti lontanissimi che, spesso, hanno subito falsificazioni per opera di qualcuno, o semplicemente perché trasmettendo spesso anche oralmente le storie, molte parole o fatti si sono ‘deformati’ acquisendo a volte altri significati.

    Da parecchio non mi pongo più il problema di Gesù Cristo, diventato un dogma inconfutabile per la chiesa cattolica.
    Tale separazione mi ha reso più serena e consapevole di me stessa, dei miei pensieri, della mia identità e di quella degli altri esseri umani.

    Però ho letto l’articolo perché la Storia in generale mi interessa molto.
    So anche, dalle ricerche scientifiche che sono state pubblicate da parecchio che, la sacra Sindone (quella di Torino) è un ‘falso’, nel senso che non è di Cristo perché è stata ‘creata’, o trovata dopo, pur essendo, come dicono, l”impronta’ vera di un uomo morto.
    Ma se è stata fatta passare per quella di Cristo, me ne chiedo il perché, anche se io ho l’impressione che se ne conosca benissimo il motivo.

    Ho letto e riletto le righe che riguardano Paolo, quello diventato poi Santo in seguito, e il fatto che lui abbia scritto i vangeli per sentito dire, e non per esperienza diretta con Cristo e i suoi apostoli, e che la sua teologia sia alla base di quella cristiana, mi conferma purtroppo, e ancora di più molte cose.

    Il futuro San Paolo, non era quello che veniva da Tarso (Turchia) e che, salvatosi da una puntura di un animale, o insetto, divenne poi il protettore di tutte le persone ‘punte’ o ‘pizzicate’?

    Dice il grande poeta Quasimodo: “La Taranta è il ragno mitico, in sé innocuo che morde simbolicamente e dà col suo veleno turbamenti fisici e dell’anima. Il tarantismo, il male del cattivo passato che torna e continua il suo tormento, ebbe origine dalla contaminazione di riti orgiastici e iniziatici pagani fra l’800 e il 1300. Ha avuto e ha diversa cronaca dall’anno 1700, quando la Chiesa, alla Speranza degli invasati per una LIBERAZIONE (maiuscolo mio), sostituisce l’immagine di San Paolo”….. (da “La Taranta, la terra del rimorso” . De Martino, video su you tube)

    Con il massimo rispetto dei tuoi studi storici Mauro, e anche per lo storico citato nell’articolo, molte cose che ho letto sono conferme sulla natura, o origine, della religione o teologia cristiana-cattolica dalla quale sono ormai molto lontana anche se è stato duro, e lo è ancora, separarsi da questa ‘cultura’.

    Se Cristo è esistito come uomo insieme ai suoi discepoli, e con essi si prodigava per il bene della gente mi fa piacere saperlo e mi dispiace che, gli scritti di San Paolo, in seguito, né abbiano offuscato la storia… . Poi come sia finito sugli altari, e perché, lo sappiamo; non tocco il discorso sulla religione perché non mi interessa.

    Rifiuto totale, oggi più che mai, per il futuro Santo proveniente da Tarso e al suo ‘decalogo’ soprattutto contro le donne ma, sicuramente, come Storici, lo conoscerete meglio di me. (Quindi nessuna polemica, solo verità storica)

    Ho cercato di cogliere l’essenza di questo complesso e difficile articolo.
    Vi ringrazio e saluto.

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    • grazie di questo impegnativo commento e soprattutto di avere letto il post, indubbiamente lungo e complesso, anche se non particolarmente interessata al tema.

      la tua prima frase sintetizza benissimo lo scopo della mia ricerca storica; mi piacerebbe pensare che sia così per chiunque altro ne fa, ma no: sinceramente molti scrivono non per illuminare quel tanto di verità che si può provare ricostruire sui fatti del passato, grazie allo spirito critico, ma proprio per lo scopo contrario: per contraddire lo spirito critico e confermare la tradizione; alcuni storici lo fanno consapevolmente, altri senza neppure rendersene conto, semplicemente perché il peso del pensiero tradizionale impedisce alla loro mente di essere libera.
      nel campo degli studi sul cristianesimo, questa deformazione è particolarmente evidente.

      certamente i miei studi sul tema ricostruiscono i passaggi attraverso i quali un oscuro agitatore religioso (e DUNQUE politico) della Palestina del primo secolo venne progressivamente divinizzato all’interno di una astrusa teologia trinitaria: questo ci riporta alle radici della cultura europea e occidentale: tema dunque cruciale; se non fosse che la globalizzazione del capitale sta cercando di fare tabula rasa di questa, come di ogni altra tradizione, per sostituirle con una nuovo sistema culturale radicalmente nuovo, fondato sui miti mediatici anziché su quelli storici.

      questo rende una ricerca ostinata come la mia piuttosto marginale: meglio sarebbe occuparsi di Guerre stellari, per dire, che dei vangeli.
      ma una caratteristica del nuovo mondo mitico di riferimento della globalizzazione è la sua instabilità e provvisorietà: per fare un esempio, Harry Potter ha segnato l’immaginario di una generazione, ma mi pare che sia già al tramonto, pronto ad essere sostituito da nuovi miti.

      in poche parole stiamo tornando dalle religioni del libro (sacro), come le chiama Maometto, a una forma di pensiero religioso (in senso lato) molto vicina alle mitologie pagane, con miti e personaggi che si avvicendano fra loro e seguono tradizioni cangianti.

      avrei delle osservazioni su punti particolari, ma le accenno appena e non ti chiedo neppure di perderci altro tempo:

      1) hai scritto vangeli, a proposito di Paolo; sì, lui dice di essere portatore di un suo vangelo, ma lo annuncia attraverso le Lettere – ma si tratta di un personaggio letterario inventato nel II secolo, per nascondere l’origine rivoluzionaria del cristianesimo, non di un personaggio storicamente esistito (almeno secondo me, naturalmente).

      2) la Sindone contiene tracce evidenti di sangue vivo, colato sul lenzuolo da un corpo dove il sangue circolava ancora; molti elementi, come i pollini che contiene, appartengono all’area palestinese; la sua fattura è indiana. qualche studioso avanza il dubbio che la datazione della ricerca col radiocarbonio non sia attendibile, perché l’incendio che l’ha colpita nel passato potrebbe avere modificato i tempi di decadimento del carbonio 14. se fosse vera, comunque, smentirebbe i racconti dei vangeli, ben più che confermarli. altro non si può dire.

      una ricerca come questa cerca di dimostrare come storicamente vero quello che rimane fragile se resta soltanto una specie di fede laica alternativa.

      ciao e rinnovo il mio sentito grazie.

      (bellissimo il tuo riferimento a Quasimodo che mi ha fatto tornare nell’aria e nel clima del Salento, anche se un po’ arbitrariamente… 😉 )

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      • Si, penso che tu abbia ragione quando dici che :” (…) stiamo tornando dalle religioni del libro (sacro) come le chiama Maometto ad una forma di pensiero religioso (…)”
        E qui mi fermo perché è già tanto, nel senso che, i ‘libri sacri’ imperversano ancora e sono un punto di riferimento per una grande fascia della società, grazie anche al susseguirsi di numerosi Pontefici che, ovviamente, ne riaffermano l’importanza…. E la ‘politica’, lo sappiamo, fa la sua parte …e da sempre. E’ quindi, prima di tutto, il pensiero religioso che impedisce la vera conoscenza dell’ ‘animo’ umano, ovvero della psiche.

        Faccio un salto storico per ritornare ancora alla “lettera al padre” del giovane Marx (10 nov. 1887). In questa splendida lettera Marx dice:
        “(…) avevo letto frammenti di filosofia di Hegel, la cui stravagante melodia rupestre non mi aveva soddisfatto. Di nuovo volli immergermi nelle acque, ma con la giusta intenzione di trovare la natura spirituale(*)
        altrettanto necessaria, concreta e solidamente piantata quanto la natura fisica, di non esercitare più l’arte della finzione, bensì di condurre la perla pura alla luce del sole (…)”.
        Ho messo l’asterico al termine ‘spirituale’ perché Marx si riferiva alla realtà interna degli esseri umani (che chiama ‘perla pura’) Aveva avuto questa grande intuizione che, allora, non sapeva chiamare con altri vocaboli, per cui usa ‘spirituale’ che non vuol certo dire natura ‘religiosa’ o ‘anima’.
        Se la politica fosse rimasta umana, se non avesse cancellato la Storia, si sarebbe potuto ricominciare da li, dalla ricerca di una conoscenza vera, non finta, della psiche umana, che è come dice Marx, ‘altrettanto concreta e necessaria’. Tanto concreta che, quando noi moriamo, la realtà psichica scompare con i pensieri; non va in giro come un fantasma. Rimangono le memorie e, a volte queste sono scritte e molto importanti, come quelle di scienziati, medici, poeti, artisti, o semplicemente di esseri umani che hanno voluto lasciare un ricordo, una mano colorata impressa sul muro della memoria, per non essere dimenticati.

        In questo modo il ‘pensiero religioso’ sarebbe potuto diventare, col tempo, memoria di un passato, fino a scomparire del tutto dalla vita degli esseri umani.

        Questa enorme ed infinita Ricerca sulla conoscenza della psiche umana mi ha salvato la vita e fa riferimento ad una grande scoperta, esplicitata nell’altrettanto grande Teoria della nascita umana di Massimo Fagioli.
        E’ un dovere dirlo, e ridirlo, perché questa Teoria, venuta alla luce negli anni Settanta del secolo scorso – ma maturata da prima, durante tanti anni di studio – poteva dare una svolta e salvare la Sinistra che avrebbe avuto gli ‘strumenti’ giusti, non solo per riallacciarsi al giovane Marx ma e soprattutto, per andare avanti, superando le trappole mortali, o meglio ‘l’anestesia’ del pensiero religioso che non porta alla conoscenza dell’Uomo, ma a Dio e altri Santi…. (Ho solo accennato e con pochissime parole, quella che è una Storia grandiosa)

        La Ricerca scaturita dalla Teoria della nascita di M. Fagioli, non è mai fallita, e ora continua per le mille strade del mondo, disponibile a chi voglia conoscerla.

        Un breve accenno ad H. Potter.
        Forse ho sbagliato, ma non l’ho mai letto né visto i film per cui non ti so dire, mi manca questa conoscenza.
        Mi ricordo solo che lo sentivo un po sopra le righe anche se qualche amica lo leggeva ai suoi bambini.
        Ma la storia indimenticabile tra i racconti di fantasia, bella per i bambini ma altrettanto bella per gli adulti è “La Storia infinita” di M. Hende, arrivata in Italia nel 1981.
        Qui, c’era la magia! era tra le infinite righe che, come pentagrammi, facevano ‘risuonare’
        le parole di una Storia che incantava, e incanta ancora. Anche questa Storia sembra accantonata … ma, invece, la magia si ripete ogni qual volta si apre il libro, oppure si vede il bellissimo film,, e penso che abbia segnato una generazione (in senso positivo e profondo) più questa storia che quella del maghetto di Potter, ma sicuramente la conoscerai.
        E’ difficile aggiungere altre parole, anche perchè non voglio appesantire, però

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        • grazie a te, piuttosto!
          e ascolterò volentieri il resto, quando verrà.

          non conosco Fagioli, mi è rimasta soltanto nelle orecchie la diffidenza degli ambienti di sinistra verso di lui tanti anni fa, ma non posso esprimere giudizi su ciò che non conosco di prima mano, almeno. non conosco neppure la sua teoria della nascita umana e, per rispetto, rinuncio a cercarne una conoscenza che sarebbe improvvisata, adesso, per esprimere qualche giudizio, che sarebbe inevitabilmente superficiale.

          mi vergogno di dire che non conoscevo neppure quella lettera di Marx al padre, scritta a 19 anni, nel 1837, o forse l’avevo anche vista ma dimenticata; in tutta onestà non mi sembra uno dei suoi testi migliori. ma forse sono piuttosto chiuso io che non capisco che cosa si possa trarre da discorsi che mi sembrano piuttosto confusi.

          capisco di toccare un tasto irritante per te e vorrei astenermi, ma sento l’obbligo della sincerità: certamente la ricerca di una conoscenza vera, non finta, della psiche umana è come dice Marx, ‘altrettanto concreta e necessaria’ di quella della fisica. ma dubito molto che noi possiamo arrivare ad una vera e obiettiva conoscenza della psiche umana visto che ci muoviamo necessariamente al suo interno – e nessuno riesce a conoscere se stesso dall’interno di se stesso.

          non mi resta che accettare, comunque, le tue valutazioni positive del rapporto con le idee di Fagioli nella tua storia personale: questo è un dato fuori discussione.

          – ritornare dalle religioni del libro, cioè dai monoteismi dell’occidente (ebraismo, cristianesimo, islam) alle religioni dei miti cangianti potrebbe essere un progresso? non lo so; io mi sento più neo-pagano oggi che cristiano; però non mi sfugge che la fine del monoteismo, cioè la morte di dio, è anche la fine di una morale universale.

          – il ciclo di Harry Potter l’ho letto tutto, per amore e rispetto del nipote più grande che se ne era esaltato; non sono sicuro di avere capito – da vecchio qual sono – i motivi del suo successo, ma mi paiono antitetici a quello che ho appena detto, visto che in quest’opera vi è certamente una netta distinzione fra il bene e il male, assieme peraltro ad una serie di rovesciamenti di ruoli che impediscono la fossilizzazione del giudizio di buono e cattivo nei riguardi delle singole persone, che risultano sempre problematiche – e questo mi pare un bene.
          mi pare comunque di capire che il bene è l’io di Harry Potter e il male tutto ciò che lo contrasta: etica piuttosto elementare, anche se poi Harry Potter è sostanzialmente nemico di chi vorrebbe discriminare gli esseri umani per la nascita, e dunque è antirazzista, e porta avanti, comunque, un modello di comportamento basato sull’onestà.

          La Storia Infinita di Ende è certamente un gran libro almeno per la metafora del grande Niente che avanza…

          ciao!

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              • (…Chiarimento d’obbligo:
                Nel libro “La Storia infinita” se c’è l’avanzata del ‘nulla’, preceduto da un animale mostruoso, Gmorg, che si definisce ‘servo del potere’, non c’è poi alla fine la distruzione del mondo perché, Atreiu, uno splendido adolescente, riesce ad ammazzarlo prima che sia troppo tardi, salvando, di conseguenza, il mondo di Fantasia – accento sulla a di ‘ta’.
                … Ma non posso certo raccontarti una storia così bella perché dovresti prima vederla…
                ☺️ H. Potter in questo caso, ne uscirebbe un po scolorito, anche perché Atreiu è molto più bello di lui ☺️😊😊 Ciao!)

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                • il film l’ho visto a suo tempo e ne ho un buon ricordo ma più che altro sul piano visivo, anche perché la metafora del Grande Nulla m’era sembrata più cerebrale che vissuta emotivamente, insomma: costruita a freddo a tavolino…

                  non ho visto film di Harry Potter, anche se il viso dell’attore mi è arrivato comunque dal sistema mediatico; e non ricordo Atreiu: quindi non posso fare paragoni… ahaha.

                  i gusti sono davvero quanto di più soggettivo esista (per fortuna…) 🙂

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  2. Ma tu sei riuscito a trovare il libro di Krieger? In Italia io lo trovo esauritissimo e fuori catalogo ovunque.
    Google sembra trovarlo nel negozio della San Paolo, ma quando fai click per acquistarlo, sparisce.
    Neanche Amazon tedesca sembra conoscerlo… (a parte il fatto che non riuscirei a leggerlo in tedesco).

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  3. Bravo! Un bel lavoro, fa un po’ da sommario delle tesi più importanti cui sei giunto.

    Vedo che per rafforzare la datazione 53 DC non utilizzi le conclusioni di Lena Einhorn, ma ci arrivi in modo indipendente (anche se ovviamente qualche elemento desunto da Giuseppe Flavio non può che essere comune). Anche alla luce del tuo lavoro, devo rileggere “A shift in time” e decidere se voglio impegnarmi nella sua traduzione…

    Comunque grazie per l’impegno profuso in questa sintesi!

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    • grazie a te, Roberto, per l’apprezzamento, e per avermi quasi costretto a riprendere in mano la questione.

      sono arrivato alla datazione del 53 d.C. in modo indipendente dalla Einhorn, per una via più filologica che storica; poi certo l’avere conosciuto in seguito le sue tesi mi ha dato più forza, ma preferisco continuare sulla strada un po’ diversa intrapresa da me fin dall’inizio.
      va da sé che tutti gli ulteriori elementi a favore che lei porta vanno considerati acquisiti, mentre mi lascia allibito quello che mi hai riferito che lei pensa sulle Lettere di Paulus.

      ciao! e vediamo se ci saranno altri sviluppi.

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