già persa la battaglia dei vaccini: la doppia variante indiana – 156

una nuova variante del coronavirus è comparsa da un paio di settimane a Mumbai, la più popolosa città indiana, e azzera la strategia vaccinale sulla quale l’Occidente ha concentrato le sue speranze di sconfiggere il virus.

in pochi giorni, direi quasi in poche ore, ha trasformato l’India virtuosa, che quasi appariva uscita dalla pandemia, nella santabarbara da cui si diffonderà inevitabilmente nel mondo una nuova malattia, solo parente alla lontana del covid che ci ha tormentato finora.

parla chiaro il grafico che riporto, con l’andamento del contagio a Mumbai.

ma il peggio è questo: è quasi un nuovo virus che nasce da una doppia mutazione del covid-19, varrebbe la pena di chiamarlo covid-21, perché è più infettivo, più letale, e, soprattutto, sfugge ai vaccini preparati finora.

notizie simili, ma in attesa di conferma, circolano anche per altre varianti, nate altrove, ma nessuna finora ha avuto l’ufficialità di quella data dalle autorità sanitarie indiane.

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si apre uno scenario nuovo, oppure si riapre lo scenario di inizio 2020, ma con un virus ancora peggiore.

e intanto lasciamo i leghisti a blaterare di riaperture…

discutevo proprio ieri con mia figlia, ricercatrice presso un ospedale, della mia decisione di non vaccinarmi, considerando il caos informativo ed organizzativo nel quale si sta svolgendo l’operazione vaccini da noi e la totale mancanza di chiarezza sulle prospettive dei richiami, che fino a ieri venivano considerati necessari e oggi non si sa più quando e come verranno fatti.

lei, che è già stata vaccinata con Pfizer, cercava di convincermi, ma io non intendo prestare il mio corpo e le mie pur ridotte possibilità di sopravvivenza a questo bricolage poco sensato.

guardate, lettori miei, questa foto presa in un centro di vaccinazioni calabro e ditemi se questo è il modo di proteggere la popolazione dal virus, oppure di diffonderlo meglio.

questa immagine è talmente deprimente, sembra un emblema di una stupidità di gregge irrimediabile: andare ad un centro vaccinazioni in questo modo significa esporsi ad un contagio quasi certo, e ben prima che possa fare effetto il vaccino eventualmente fatto (perché non ci sono prenotazioni, pare).

e c’è da chiedersi dove sia Strada, a questo punto, che ha eroicamente accettato l’incarico di commissario per la Calabria, che nessuno voleva.

mi si dirà che in Lombardia le cose non sono a questo livello e che gli appuntamenti vengono dati di 5 minuti in 5 minuti; vero, infatti a Milano da oggi, per chi ha più di 75 anni, le cose stanno andando così:

e io dovrei anche spostarmi di una cinquantina di km per andare a fare un vaccino che tra un paio di settimane potrebbe essere inutile?

quando la nuova variante indiana sarà arrivata anche da noi…, o quella giapponese o chissà quale altra.

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appunto, questa notizia cambia lo scenario di colpo (ma a sorpresa solo per chi voleva farsi sorprendere e per chi non si vuole fare sorprendere neppure adesso): non ho più parole, quasi, e la razionalità stessa dei giudizi è messa radicalmente in discussione, perchjé la nostra mente non è abbastanza flessibile.

questo virus ha una capacità tattica di movimento incredibile e la nostra sembra la gara tra la gazzella e il ghepardo; se non adeguiamo la nostra mente alla sua velocità siamo perduti; dobbiamo guizzargli via di lato ogni volta che sta per prenderci.

siamo nel pieno della sarabanda delle varianti; i passaggi quasi immediati di regioni in zona bianca alla zona rossa, come successo con la Sardegna, si spiegano probabilmente in questo modo.

mi domando ancora se attorno allo stato di Maharastra, dove è nato questo nuovo mostro, verrà steso un qualche cordone sanitario – così orribile ed anti-democratico! – oppure se nessuno vorrà mettere in discussione la fondamentale libertà costituzionale di movimento, fino a che penserà il virus a toglierla a chi non si sarà potuto isolare abbastanza o non avrà voluto farlo, spedendolo nella toma e tappandogli la bocca.

a me pare inutile dire che saranno i vaccini a fermare le varianti, come mi dice mia figlia, perché questo è vero, in astratto, soltanto PRIMA che le varianti sorgano, ma non vale più DOPO che è nata una variante, anche una sola, che sfugge ai vaccini preparati fino a questo momento.

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strategia vaccinale già sconfitta dal virus, dunque: ma non ditelo in giro, altrimenti la gente, ancora in fila ai centri vaccinali, resta scioccata.

ora servirà tempo per preparare nuovi vaccini, ricomincerà la solfa, e intanto che ci si arriverà, il virus cambierà di nuovo.

e noi intanto che cosa faremo? un vaccino dietro l’altro? e ci sobbarcheremo uno stress al sistema immunitario dietro l’altro?

forse è meglio aspettare e vaccinarsi, semmai, quando arriverà davvero l’ultima variante, il virus fine del mondo.

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dopo avere seminato in giro tanto umor cupo, non mi rimane che proporre qualche risata sarcastica, assieme a Riccardo Chiaberge, ma anche alle sue spalle, per questo articolo scritto per linkiesta.it  (da Marica Guazzora, per gli amici Falcerossa: Generazione AstraZeneca. L’inoculazione al potere! Con il vaccino proletario a conquistare la bianca primavera.).

lui ci ride su, pensando davvero che riusciremo a cavarcela con i vaccini; e noi possiamo sorridere di lui, perché è bello avere il sorriso sulle labbra, in piena disperazione.

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«Anche tu AstraZeneca?». La domanda corre su WhatsApp, con un tono tra il complice e l’apprensivo. Così come una volta si chiedeva: «Vieni anche tu al corteo?». Oppure «Cosa voti al referendum?». Ci si vede in fila al centro vaccinazioni con lo stesso affettuoso cameratismo con cui ci abbracciavamo il 25 aprile in Piazza Duomo. E, complice la chiusura dei parrucchieri, con le stesse zazzere un po’ ingrigite, le barbe castriste o i codini di quegli anni formidabili. I boomer, i figli dei fiori, gli ex giovani del Sessantotto, sono diventati la generazione AZ. Che non è il dentifricio salato o la sigla dei voli Alitalia, ma il vaccino AstraZeneca. La generazione di Mario Draghi, classe 1947, che si è fatto iniettare anche lui, con grande coscienza civile e sprezzo del pericolo, il più sfigato dei vaccini, la fiala che tanti schifano.

Perché il vaccino che prima sembrava riservato ai più giovani, dopo qualche decina di eventi infausti (tuttora inspiegabili) adesso tocca ai più anziani. A noi che abbiamo l’età della Costituzione più bella del mondo e siamo nati quando Elisabetta e Filippo si erano appena fidanzati. O meglio, a noi sopravvissuti: in questo anno terribile il virus ci ha strappato tanti coetanei, amici, compagni, colleghi, familiari, e non proprio tutti si potevano definire un “peso per la società”.

Gli italiani dovrebbero dirci grazie, anche quegli sbarbati che con qualche gabola, ci sono passati davanti. Perché senza di noi, senza i nostri deltoidi generosamente offerti alla siringa, nessuno esce dal guano. Noi che col Sessantotto abbiamo aperto la strada alla liberazione sessuale, alla liberazione della donna e dei gay e allo Statuto dei lavoratori (e anche a qualche disastro e a numerose nefandezze, ma questa è un’altra storia), col movimento del Ventuno spianeremo la via alla liberazione dei baristi, dei ristoratori, degli studenti dadizzati. Di più, all’agognato riscatto di sessanta milioni di cittadini sequestrati dal lockdown. Smettendo di intasare le terapie intensive, faremo ripartire le palestre e gli spritz. Scandiremo tutti assieme, con spirito di unità nazionale, «Chiusure, ristori, ancora poche ore». Oppure «Coviddi, Corona, Azeta non perdona». Perché Azeta è la stella che ci guida nella notte. A conquistare la rossa, anzi bianca primavera. Alla faccia di Pasquale Bacco e Angelo Giorgianni e del loro libercolo no-Vax (prefato a sua insaputa dal procuratore Nicola Gratteri) con quel titolo, “Strage di Stato” che è un insulto alle vittime di Piazza Fontana. La strage l’ha provocata il virus, e il vaccino è l’unica arma che abbiamo per fermarla.

Nel ’68 molti di noi avrebbero scelto lo Sputnik o, meglio ancora, il vaccino cinese (vietnamita sarebbe stato il top). Ma se dovesse vaccinarsi adesso, uno come Herbert Marcuse opterebbe di sicuro per AstraZeneca, e così pure don Lorenzo Milani. Perché Azeta è il “vaccino proletario” (copyright Antonello Venditti), quello meno costoso di tutti, quello che porta meno profitti alle perfide multinazionali. Perfino il comandante Che Guevara andrebbe di corsa a farselo iniettare, in divisa militare come Figliuolo, e nessuno troverebbe niente da ridire. Dimenticate l’assalto al cielo o al Palazzo d’inverno: ora ci accontentiamo di prendere la Nuvola, o il Portello. L’inoculazione al potere.

E comunque AstraZeneca (anzi Vaxzevria come lo hanno ribattezzato per semplificare) è un vaccino un po’ démodé, fabbricato coi vecchi, buoni adenovirus della tradizione. Quello più modaiolo, veramente hi-tech, è fatto con le molecole di RNA messaggero, e per questo costa di più. AZ è il vinile, la musicassetta dei vaccini, mentre Pfizer o Moderna sono Spotify, TikTok. O se preferite, la Tesla. Ma, che volete, noi sessantottini siamo dei rivoluzionari conservatori, ci piace il vintage.

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ma ecco il commento mio finale: ci sono anche dei post-sessantottini che continuano a non credere alla strategia vaccinale e hanno una faccia di merda tale da dirlo, da un anno a questa parte almeno, e adesso non gli resta che un ghigno malsano stampato sulla faccia, come una specie di blanda consolazione.

E quell’infame sorrise. (Edmondo De Amicis, Cuore)

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