c’è in corso una discussione molto impegnativa, avviata con l’amico Krammer, e l’ho riportata prima qui: Krammer: verità ed entropia dell’informazione – 174 e poi qui: realtà = frattale? discutendo con Krammer – 187.
si svolge via mail; nel blog la riporto a stralci, cercando di renderla un poco più accessibile, ma non so immaginare i risultati.
in ogni caso eccone una nuova tappa, che ci conduce ai confini vertiginosi di quelle domande ultime che oggi sembrano coinvolgere più la fisica che la filosofia, ma che per me e Krammer hanno una indiscutibile valenza esistenziale.
per dirla nel modo più semplice possibile: Krammer ed io ci stiamo chiedendo che cos’è la realtà.
chi lo sa già o crede di saperlo, non perda tempo ulteriormente: questo post faticoso può interessare solamente chi dubita che la realtà sia reale.
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Krammer 4 mag 2021, 05:35
[…] approfitto di Rovelli per confidarti un’idea che mi frulla per la testa da un bel po’, e di cui quasi mi vergogno per quanto è bizzarra.
Premetto che ho letto solo due suoi libri, l’Ordine del tempo e Sette brevi lezioni di fisica e mi manca l’ultimo, dove ha esposto al grande pubblico le idee della sua interpretazione della meccanica quantistica, l’interpretazione relazionale.
Mi convince la sua teoria, che risolve con raffinatezza nel senso comune la sovrapposizione degli stati quantici dell’interpretazione di Copenhagen, e tuttavia non si libera del collasso della funzione d’onda pur alleggerito di tutta quella “magia” che assume nell’interpretazione canonica.
Te lo dico: sono di parte, le interpretazioni sono questioni di fede ancor più che di ragione, d’altronde che valore ha una credenza se non è fonte di ispirazione per una ricerca?
Oggi sposo l’interpretazione a molti mondi, e con questo non escludo che all’interno non si possa collocare la teoria LQG che segue Rovelli. […]
Se supponessimo che il reale fosse molto più di quello che si realizza nella misurazione – nella teoria di Rovelli, in una qualsiasi interazione tra sistemi relazionali anche senza osservatore cosciente – e comprendesse anche tutto ciò che di fatto non si avvera nel mondo osservato?
Nessuna teoria fisica lo esclude, solo quel dannato rasoio di Occam! sarebbe a mio avviso la conseguenza più naturale delle evidenze sperimentali della meccanica quantistica.
Ma se l’evento-misurazione non fosse proprio così determinato nel collasso, se l’avvenimento, o il fenomeno, contenesse nascoste altre facce di sé: non solo quello che vediamo e misuriamo, anche tutto ciò che non vediamo e non misuriamo?
Esisterebbe la gamma completa di possibilità di manifestarsi, ed una qualche sfuggente dimensione o relazione che stratifica il reale nei suoi “cellophane” di realtà ipotetiche.
Se lo sdoppiamento del reale in copie – teoria dei molti mondi – non fosse un vero e proprio sdoppiamento con “distacco assoluto delle realtà divergenti”, ma fosse soltanto l’ennesima connessione che mantiene legate in un sistema tutte le sue potenzialità di manifestarsi anche in forme radicalmente diverse, alternative? Avremmo sempre davanti a noi tutto il reale-possibile ma ne percepiamo solo la sfaccettatura in qualche modo a noi “sincronizzata”, “familiare”.
Ma noi chi? Parliamo sempre di agente fisico generico o di agente osservatore senziente, adesso?
Sto giro mi prendi per matto! […] Non la pubblicherei questa cosa, almeno non prima di avere sentito che ne pensi :-). ciao!
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per niente matto; o meglio: se Krammer è matto, siamo matti in due. perché ritrovo nelle sue riflessioni una radice comune con altre che conduco da anni, all’inizio senza nessun riferimento diretto alle teorie della fisica, ma riflettendo fra me filosoficamente (potrei dire in modo un poco presuntuoso) e pure tenendo conto, un poco delle scoperte della quantistica.
e anche io sono arrivato a dire, come Krammer, che l’universo è soltanto probabile, una somma di possibilità, tra le quali la nostra mente sceglie le connessioni necessarie a costruire quella che chiamiamo realtà.
da tempo penso che la realtà, quella determinata dall’essere parmenideo, sia soltanto un atto linguistico che seleziona entro un universo di alternative possibili, talmente varie da essere quasi illimitate.
smetterei dunque di parlare di realtà per definire ciò che ci circonda e in cui siamo immersi come una sua parte cosciente (parzialmente).
e così dobbiamo abbandonare l’idea di un UNIverso, per affondare nel PLURIverso illimitato.
ma per dirla adesso col linguaggio della fisica è la misurazione, cioè la presa di coscienza, che crea l’universo, che è unico soltanto per noi; perché ogni universo e soltanto relazione e la relazione avviene tra due forme di possibilità, quella della coscienza e quella della cosa percepita.
solo che questa presa di coscienza avviene attraverso il linguaggio che è un fatto sociale e noi stessi siamo soltanto sfaccettature del sociale; quindi non è l’individuo che crea il mondo, ma il collettivo di cui l’individuo è parte, anche quando si frammenta in una sua coscienza particolare che vive in uno spazio-tempo suo.
. . .
solo che queste cose non le ho dette a Krammer, le ho date un poco per scontate, dato che so che mi legge da qualche tempo, e invece gli ho risposto così:
bortocal@gmail.com 6 mag 2021, 12:09
caro Daniele, al solito le tue riflessioni sono tremendamente impegnative, e concordo con te che non è il caso ancora di pubblicarle, almeno non prima di averle approfondite e discusse, se te ne resterà il tempo e la voglia. – intanto procedo per punti, e perdonami se procedo da ignorante, ma per provare a capirti ho bisogno che tu mi sintetizzi in una frase, se ci riesci, questi tre concetti:
interpretazione relazionale
sovrapposizione degli stati quantici
e, il peggio del peggio: collasso della funzione d’onda
so di non chiederti poco, ma provaci almeno… ciao!
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Krammer, 15 mag 2021, 05:47
Ciao Mauro,
galleggio un un periodo di costanti snervanti deprimenti bestemmie lavorative. mi spiace se non riesco mai a dare un seguito un po’ più lineare ai nostri scambi, non sto dietro ai tuoi tempi ma manco ai miei tempi riesco a star dietro.
tento di rispondere alle tue “semplici” domande, sono stato felice di riceverle e mi ero ripromesso di preparare una bella risposta con tante altre cose che mi erano venute in mente nel frattempo – e che nel frattempo mi sono scordato – ma il tempo è stronzo e mi si sta rivoltando contro.
visto che si è portato via l’argomento, riprendo in mano le tue tre domande e do la risposta in una frase come in effetti mi avevi, semplicemente, chiesto.
è necessario però un incipit, metto le risposte alla fine.
conosci l’equazione di Schroedinger: è una formula matematica che descrive gli stati (quantici) della realtà fisica osservabile, equazione su cui si fonda la meccanica quantistica.
la funzione d’onda è un modello astratto – una formula matematica – che rappresenta la realtà fisica ed in effetti ci azzecca meravigliosamente nelle osservazioni sperimentali.
la funzione d’onda esprime stati di probabilità: la probabilità che da una osservazione si manifesti un particolare risultato piuttosto che un altro.
a livello astratto-matematico l’osservazione equivale ad una soluzione della funzione d’onda di ciò che stiamo osservando, che restituisce una misura precisa.
ad un certo punto della storia ci si è accorti che questo modello matematico applicato sperimentalmente risulta sorprendentemente aderente a ciò che si osserva, rispetto ad altri consolidati modelli fisici che invece si sbriciolavano alla prova dei fatti.
l’equazione di Schroedinger funziona, ma non abbiamo un’idea “cognitiva” del perché funzioni: manca il palco, la scenografia, l’interpretazione umana che metta in relazione la rappresentazione – la formula matematica – con il rappresentato: la realtà fisica.
in un primissimo momento l’interpretazione prevalente nell’opinione scientifica slegava la realtà fisica dalla formula matematica: non c’era corrispondenza “ontologica”, la formula era una sorprendente euristica ben calzante con l’osservato, ma nulla più. la natura non è casuale, e se la formula probabilistica c’azzecca sempre ci doveva essere una qualche ragione deterministica di fondo. Einstein la pensava più o meno così.
presto l’opinione mutò e si consolidò per lo più l’interpretazione di Copenhagen: essa sostiene che la realtà è, di fatto, “probabilità di accadere”, lì dove l’accadimento si manifesta con l’osservazione e si lega ad una specifica soluzione della sua funzione d’onda.
se si crede che la matematica possa realizzare l’universo, intrinsecamente probabilistico, non si può ignorare allora che, in meccanica quantistica, la realtà nel suo stato “privo di misura” si riconduce ad una mescolanza di stati potenziali alternativi.
da qui il paradosso del gatto di Schroedinger che dovrebbe essere veramente sia vivo che morto, fintanto che non si apre la scatola e si verifica.
e a questo punto Krammer è venuto alla risposta alle mie tre domande:
sovrapposizione degli stati quantici:
qualsiasi oggetto fisico è un unicum probabilistico caratterizzato da tutti i suoi “stati-in-potenza” alternativi, che coesistono assieme in assenza di misurazione. qui lo spiega mi pare abbastanza bene:
https://www.paolosilvestrini.com/la-sovrapposizione-coerente-di-stati-quantistici/
collasso della funzione d’onda (interpretazione di Copenhagen):
è la controparte fisica della soluzione matematica della funzione, il dilemma interpretativo della meccanica quantistica ed il nocciolo della sua questione ontologica.
secondo l’interpretazione di Copenhagen l’atto di misurazione-osservazione fa “collassare” gli stati quantici sovrapposti riducendoli ad un risultato definito.
l’osservazione in qualche modo cristallizza una realtà liquida: dopo l’atto la realtà non è più A e B ma A oppure B.
aggiungo io, anche se non me l’hai chiesto:
interpretazione a molti mondi:
alternativamente all’interpretazione di Copenhagen, per questa interpretazione non esiste fisicamente solo la misura osservata, ma tutte le misure possibili descritte dalla funzione d’onda, anche dopo la misurazione.
queste misure alternative non esistono nella nostra realtà ma negli “altri mondi”, realtà parallele che si avviluppano in vertiginose combinazioni di eventi alternativi che corrono a braccetto.
se prima della misurazione la realtà è A e B, dopo la misurazione globalmente la realtà è ancora A e B. non esiste un solo film che scorre: esistono tutti i film fisicamente possibili e scorrono tutti quanti assieme.
interpretazione relazionale:
è l’interpretazione di Rovelli.
il collasso d’onda esiste e si identifica con ogni interazione fisica presente nell’universo.
ma il collasso-misura in questa interpretazione non è un risultato oggettivo e assoluto, bensì è relativo alla relazione sempre esistente tra osservatore e osservato.
la misura non è proprietà dell’oggetto misurato bensì è una relazione più o meno stretta tra l’oggetto misurato e lo strumento di misura. ogni interazione fisica è misura!
perciò per ogni entità osservabile esistono infiniti osservatori correlati ad essa, oltre che all’universo intero: ma ogni misura mantiene una pertinenza fisica se resta circoscritta al suo sistema di osservazione.
stiracchiando un pochino il paradosso di Schroedinger: il gatto potrebbe anche essere contemporaneamente vivo per me e morto per te, se io e te fossimo sistemi sufficientemente scorrelati (sistemi correlati ottengono misure simili).
in tal modo potremmo sostenere ancora che, globalmente, la realtà è A e B sia prima che dopo la misurazione, la cristallizzazione di una misura oggettiva è solo un miraggio.
nella mail precedente Krammer aveva scritto:
Rovelli – giustamente – si focalizza sulla modalità sperimentabile in cui avviene una misurazione quantistica, che non è mai propria dell’oggetto misurato ma sempre in relazione con il sistema osservatore. Non solo nell’istante del collasso, sempre: il che mi pare la cosa più naturale a cui credere. Anche la quantizzazione dello spaziotempo con la riduzione del tempo a mera quarta variabile dimensionale priva di direzione preferenziale, mi piace e mi convince: credo sia la buona strada.
e in questa mail riprende e conclude:
fortuna che come al solito volevo essere stringato…
ciaoooo!!!
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bortocal 16 mag 2021, 00:17
caro Daniele, hai fatto un lavoro davvero eccezionale, lascia che te lo dica.
e lasciami il tempo di studiarmelo un po’ meglio, e vedere poi come “pubblicarlo” da me, per dargli il rilievo che posso.
sono proprio orgoglioso di averti spinto a scriverlo. – ma credo che tu possa aspirare qualche pubblicazione più di rilievo.
il punto che ancora mi crea problemi, per le mie carenze di preparazione matematica, è come avviene il collasso della funzione d’onda: è una operazione matematica? il calcolo di una funzione per un valore particolare? che cos’è?
dai, ancora un piccolo sforzo per questo ex allievo di liceo classico… 🙂
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vedremo la risposta di Krammer e se un testone come me riuscirà finalmente a capire il collasso della funzione d’onda, prima di collassare lui o di far collassare i suoi avventurosi lettori.

[…] ecco una avvincente prosecuzione (di Fabio Mombelli, brillante studente un tempo del liceo dove ero preside) della discussione con Krammer avviata qui: il ritorno di Krammer: il reale è reale? – 208. […]
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Se l’equazione di Schrödinger descrive la realtà, allora si dovrà per forza ammettere l’esistenza di un tempo unico dove solo il presente esiste e il suo verso che è passato-futuro.
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“e il suo verso che è passato-futuro”: questo non lo capisco…
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Scorre dal passato verso il futuro ma solo il presente esiste. Il passato non c’è più e il futuro è in attesa. Non appena viene raggiunto dal presente, cioè dove sta l’osservatore, la sovrapposizione di possibilità collassa.
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può essere che, dal punto di vista dell’osservatore, vi sia un movimento nel tempo che porta a quello che viene definito il collasso delle possibilità in una definita osservazione soggettiva.
ma il tempo in se stesso non scorre, è l’osservatore che, creando delle connessioni non modificabili al suo interno, gli dà l’apparenza del movimento, che coincide con quella dell’immodificabilità dell’osservazione fatta e nasce dalla improbabilità statistica del ripristino di una situazione precedente: una sola probabilità contro innumerevoli altre.
l’apparenza dello scorrere del tempo nasce soltanto dalla irreversibilità delle relazioni che lo caratterizzano per l’osservatore.
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Il punto è: come facciamo a definire il punto presente, come facciamo a stabilire il mio punto di vista ora. E se il tempo non scorre perché il mio presente è illusione dell’Entropia allora il calcolo probabilistico è inesatto perché il futuro esiste già. Siamo noi che non riuscito a identificarlo. La probabilità è semplicemente una interpretazione molto vicina ma non perfetta, come lo è la fisica newtoniana.
Siccome ti sei appassioanto all’argomento del tempo guarda il film TENET. Tralasciando il fatto che sia un film e quindi molte cose sono artistiche, ti aiuta a immaginare l’entropia al contrario. Potrà piacerti molto o lo odierai, non c’è via di mezzo.
Io dico che alcuni elementi del nostro universo abbiano una freccia del tempo contraria, quindi portano informazioni dal futuro al passato.
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“come facciamo a definire il punto presente”: la prima domanda è cruciale, ma ho ricevuto via mail un nuovo contributo veramente straordinario proprio su questo punto; per risponderti, spero di riuscire a pubblicarlo; al momento sono preso da diversi piccoli impegni non rinviabili.
in modo più empirico, io direi che ciascuno di noi nel mondo è una costellazione di diversi presenti, tra i quali ha la sensazione di scorrere perché l’entropia seleziona in modo definito e irreversibile i rapporti osservabili fra loro.
certamente “il futuro esiste già” (ma la parola “esiste” non è appropriata, perché niente “esiste, come già diceva Gorgia, ma tutto può soltanto esistere), come categoria generale che comprende tutto quello che ci circonda e con cui noi non possiamo stabilire alcun tipo di connessione.
ma il nostro futuro individuale è ogni volta unico ed è una categoria differente dal futuro universale appena detto.
è infatti qualcosa a cui possiamo connetterci tra ciò che ci circonda, ma soltanto in stretta connessione con altre connessioni, e non appartiene dunque al futuro universale, ma alla costellazione atemporale del nostro io.
ma noi confondiamo le due categorie come se fossero la stessa cosa e parliamo di un futuro unico che comprende sia il nostro personale, sia quello universale, soltanto perché non abbiamo (al momento) una percezione diretto del futuro nostro come non l’abbiamo del futuro universale – ma questa non l’avremo mai.
certamente, se il tempo non esiste come ci appare, ci sono relazioni inverse rispetto al tempo apparente dell’osservatore, cioè condizionamenti di quello che noi chiamiamo futuro su quello che noi chiamiamo passato; ma non sono percepibili dall’osservatore come tali, perché sono estranee al mondo ristretto dell’entropia.
l’osservatore osserva nel mondo dell’entropia, e osserva alla velocità della luce, che è il suo strumento di osservazione (e per questo è insuperabile per lui e crea il mondo, cioè il suo mondo). ma il pluriverso delle possibilità non è limitato da questo.
a volte queste correlazioni inverse emergono anche alla nostra osservazione e restano enigmatiche e incomprensibili, metti i miracoli delle religioni oppure gli UFO della nuova religione della scienza.
guarderò quel film, anche se avevo deciso di evitarlo, ma visto che me lo consigli tu… 🙂
aspetto che riapra il cinema di zona e spero che lo trasmetteranno, in autunno.
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Coucou Mauro,je ne peux pas, a bientôt…🥀🌅
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mi godo la canzone, dai… 🙂 – anche se non è tra quelle che mi piacciono troppo, eh?
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