non bastasse la storia, già abbastanza intrigante, di Buddha, che nel medioevo diventa prima un eroe islamico in un racconto arabo, e poi un santo cristiano, assumendo alla fine in latino il nome di Iosaphat, dopo diversi altri passaggi…
e questo deriva non da Buddha, ma da bodhisattva, il suo soprannome, che significa l’Illuminato, e poi si trasforma in Budasaf, poi in Ioasaf, in greco, per un puro errore di trascrizione, infine in Iudasaf; qui subentra l’assonanza con l’eponimo della valle famosa ed ecco la versione finale in Occidente: Iosaphat…
ne ho accennato nella prima parte di questo racconto: l’altro Siddharta, mille anni prima: quando Buddha divenne un santo cristiano. 1 – 371.
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ma Iudasaf, come Buddha islamizzato, era il protagonista anche di un’altra narrazione araba simile, il Kamal-ad-din, opera di un dotto sciita, Ibn Babuyia, e qui aveva appunto proprio questo nome: ma i protagonisti sono gli stessi: l’eremita e il principe (ricalcato sulla figura di Siddhartha Gautama, il Buddha), che rinuncia alla sua carica per farsi maestro di saggezza e va a morire nel Kashmir; e non manca neppure una fase intermedia persiana, dove la storia viene integrata nella visione del mondo dei manichei.
ma poi la storia ritorna in India, dove era nata, per la gioia degli eruditi, che se la tengono per sé, per parlarne soltanto nei loro convegni per iniziati, ma siamo oramai secoli dopo, e viene pubblicata a Mumbai, allora Bombay, per la prima volta in epoca moderna, nel 1888.
e qui, nel Punjab, incontra un folgorato, Mirza Ghulam Ahmad, vissuto dal 1835 al 1908, un islamico convinto di essere il secondo messia previsto per la fine dei tempi e destinato a riportare tutte le religioni all’antica purezza, unificandole fra loro; e che cosa meglio di questa storia trasversale da prendere come punto di riferimento?

secondo lui (ma la tesi non era del tutto originale) Gesù non era affatto morto sulla croce, ma soltanto caduto in stato di incoscienza, trasportato nel sepolcro, dove era stato curato e si era ripreso, riuscendo poi a fuggire in India, dove era vissuto a lungo, predicando, fino a morire ultracentenario a Srinagar.
e non è incredibile che io questo personaggio lo abbia già incontrato, quattro anni fa a Stuttgart, se non lui di persona, evidentemente, nel fervore dei suoi seguaci? e che della sua storia abbia già dovuto occuparmi, così che quel che racconto ora sembra soltanto una specie di remake di un film mio già dimenticato? l’islam pacifico di Ahmad – 151
ma trascuriamo questo sorprendente sviluppo e torniamo alla fase originaria della storia di questo insieme di testi: ed appena comincio ad approfondirla, eccomi trasportato di nuovo nel favoloso mondo delle tradizioni interculturali medievali.
perché, se Buddha diventa un saggio islamico o un santo cristiano, c’è forse da meravigliarsi se Jeshuu, il profeta ebraico che poi divenne il Jesus o Gesù cristiano, con analoga evoluzione del nome, lo ritroviamo in India, o nel Kashmir nella sua veste islamica di precursore di Mohammed e secondo profeta per importanza dopo di lui, oppure come autorevole adepto del buddismo in un santuario nel Ladakh? e altrove dell’induismo?
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mi sono già occupato di questi strani sviluppi del cristianesimo in India tempo fa… https://corpus2020.wordpress.com/?s=Ladakh , ed ecco ricomparire il tema, in una variante del tutto nuova ed imprevedibile:
qualcuno ricorda la presunta tomba islamica di Jeshuu a Srinagar, nel Kashmir?
se la risposta è no, come è probabile, non preoccupatevi troppo: vi confermo di nuovo io adesso che esiste ed è venerata dagli islamici del luogo.

solo che l’iscrizione che si trova su questa tomba è Yus Asaf!
e il nome islamico di Jeshuu è Isa nel Corano, ma poi anche Yassou nella lingua parlata.
e allora di chi è quella tomba?
di Jeshuu, come si dice e come sosteneva anche l’Ahmad autoproclamatosi secondo messia, ricordato sopra?
o è quella di Ioasaf, cioè di Buddha, addirittura?
con buona pace di quella scoperta nel 2017 da due monaci del monastero di Longxing nella contea di Jingchuan, in Cina: un cassone di ceramica con resti umani bruciati e questa iscrizione: “I monaci Yunjiang e Zhiming della scuola Lotus, che appartenevano al tempio Mañjusri del monastero di Longxing nella prefettura di Jingzhou, hanno raccolto più di 2.000 pezzi di sharira, così come denti e ossa del Buddha, e li hanno seppelliti nella sala Mañjusri di questo tempio.
peccato che i denti di Buddha sparsi nel mondo siano tanti, Sri Lanka compreso, che lui avrebbe dovuto essere quantomeno un alligatore…
e per fortuna che Cristo è risorto e dovrebbe averci risolto il problema, anche se un viaggiatore del Cinquecento vide la sua tomba in Galilea e qualcuno non rinuncia tuttora a pensare di avere trovato la sua tomba di famiglia a Gerusalemme!
insomma, dalla tomba di Jeshuu, un personaggio storico o almeno semi-storico, a quella di un personaggio letterario, la tomba del saggio islamico Ioasaf, che poi poteva essere anche Jeshuu o Siddharta, a scelta; ma non per il curatore dell’ultima e definitiva edizione della sua storia: Chi oggi volesse sostenere che il nome della tomba del Kashmir sia il nome di Gesù si colloca fuori da ogni ragionevole discussione e deve rassegnarsi ad essere considerato pazzo.
sospiro di sollievo: erano anche le mie conclusioni, o quasi, quando ho esaminato la faccenda.
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ma se qualcuno pensa che le peripezie attraverso vari popoli e culture della Storia di Barlaam e Ioasaf siano finite con l’inserimento dei santi Ioasaf e Barlaam, da festeggiare il 27 novembre, nel martirologio romano della chiesa cattolica, avvenuto nel 1583, in piena Controriforma, si sbaglia ancora una volta: perché non abbiamo considerato ancora i suoi sviluppi sul piano letterario.
nell’alto medioevo europeo, semi-barbarico e ampiamente analfabeta, esclusi i rari monasteri, si era completamente persa l’arte del narrare, se si esclude qualche edificante agiografia.
ma la libera narrativa fioriva invece nell’Oriente delle carovane e dei commerci, dato lo stretto rapporto tra il gusto del raccontare e quello dell’esplorare, commerciando e intessendo relazioni umane; e lì si ponevano le basi di ricchi capolavori che assumevano la forma del romanzo o della raccolta di racconti: qui nacquero le prime raccolte che poi si trasformarono nelle Mille e una notte; il Pancatranta indiano e appunto la Storia di Barlaam e Ioasaf, e fu soprattutto questa ad arrivare allora in Europa e a costituire il modello di una nuova letteratura.
Bisanzio era stato il ponte di un impero plurietnico che aveva collegato culture diverse e proposto il modello di una vita pur sempre contrassegnata dalla santità, ma non dai miracoli, e dunque diversamente santa, quasi più di una fede filosofica che confessionale.
e dunque ci aveva consegnato anche il modello di una narrazione più libera e aperta della giografia miracolistica e devota, in un diverso modo di vivere la dimensione sovrannaturale.
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ma qui devo lasciare la parola a Silvia Ronchey, assolutamente impareggiabile nel tracciare la storia della fortuna, nella cultura europea, di questo testo, che noi ignoriamo completamente:
La storia del bodhisattva Ioasaf sarà uno dei libri più diffusi del Medioevo globale, un Siddharta ante litteram elevato a potenza. Dal testo greco passerà allo slavo ecclesiastico, di qui al russo e al serbo. Nell’Est del mondo la versione di Eutimio sarà tradotta, oltre che in arabo, in etiopico, armeno, ebraico, siriaco. Detti e fatti dell’alias cristiano di Siddharta risuoneranno in ogni lingua occidentale con una diffusione mai raggiunta da nessun’altra leggenda. Attraverso il latino, ma con l’influenza del manicheismo, la sua storia raggiungerà la Provenza dei catari e degli albigesi. Si trasmetterà alle prime chanson de geste, ai poemi epici medievali in langue d’oïl, a quelli medio-alto-tedeschi, fino al Barlaam und Josaphat di Rudolf von Ems. Sedurrà l’Italia più mistica, il Trecento senese di Caterina, e attraverso il Novellino si trasmetterà al Decameron di Boccaccio. Si affrancherà dal latino nei fabliaux, nei sunti dei Leggendari, nei misteri popolari, nelle ballate e nei ludi medievali del Maggio. Stupirà il pubblico nelle piazze e nelle sacre rappresentazioni. Attraverserà i confini settentrionali dell’Europa e arriverà fino al teatro di Shakespeare. Nel Seicento vedrà la sua massima fortuna, da Port-Royal alla Spagna, dove Lope de Vega ne trarrà il suo Barlán y Josafá, per il cui tramite il giovane principe isolato dal mondo e assorbito nel sogno troverà il più completo ritratto occidentale in La vida es sueño di Calderón de la Barca. Sarà attraverso Calderón che la trama della vita del Buddha – questa leggenda dalle mille facce, questo punto dello spazio letterario che contiene tutti gli altri punti, proprio come l’Aleph di Borges – si trasmetterà alla letteratura otto e novecentesca e troverà ancora interpreti in Hugo von Hofmannsthal e in Marcel Schwob.
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ma in che senso e in che modo questa storia ha influenzato e quasi creato una nuova tradizione narrativa europea, dopo l’eclisse del romanzo ellenistico alla fine della civiltà antica?
per rispondere occorre calarsi nel testo; ma rinvio ancora una volta ad una prossima puntata.
[…] dalla religione al romanzo: quando Buddha divenne un santo cristiano. 2 – 377 […]
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Questa storia si fa sempre più interessante. Tra l’altro mentre leggevo le parole di Silvia Ronchey, prima che lo dicesse lei, ho avuto la folgorazione: in fin dei conti, mi sono detto, anche La vita è sogno di Calderon de la Barca parla di questi temi…
P.S.: sai che c’è una tomba di Gesù anche in Giappone?
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sì, ho già avuto la fortuna di imbattermi in questa leggenda e me ne sono occupato qui: https://corpus2020.wordpress.com/2020/10/09/anche-in-giappone-lenigma-della-sindone-jeshuu-in-india-appendice-1-400/
– ammetto invece, malvolentieri, che La vita è sogno a me non era venuta in mente, ma il riferimento è appropriatissimo.
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Sai che quando si parla di sogni e realtà alternative sono nel mio elemento :-).
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temo di esserlo anche io, solo che non voglio ammetterlo… 😉
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