quel pericolosissimo test di Turing – 547

questo post mi viene suggerito, certo involontariamente, da quello di oggi di gaberricci.

lui ricorda che, secondo Turing, un computer avrà raggiunto un grado di intelligenza umana se, messo a “dialogare” con un essere umano, riesce a fargli credere che sta parlando con un suo simile, e questo è appunto il test che il computer deve superare.

da tempo si costruiscono computer e li si sottopone a questo test, ma allo stato attuale ancora nessuna macchina lo ha superato.

del resto – osservo io – rimane incerto chi sia l’essere umano che interroga la macchina e quali capacità abbia a sua volta.

a me infatti sembra molto più interessante chiedersi che cosa pensiamo di quegli umani che non superano il test di Turing.

in altre parole, mi capita non raramente di incontrare qualcuno che ha un aspetto prettamente umano e non posso dubitare che appartenga alla mia stessa specie, ma certamente parlando con lui non posso pensare di parlare con un mio simile.

che sia un’intelligenza artificiale allora? ed anche ancora abbastanza malriuscita…

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battute a parte, Turing ha completamente aggirato il problema delle spaventose differenze di capacità che esistono tra gli esseri umani, per cui il computer potrebbe superare il test se le domande gli venissero poste da alcuni, meno dotati, ma sgamato subito da intelligenze più acute.

immaginiamo di usare un indice comunemente adottato, che è il cosiddetto QI, lasciando perdere le infinite contestazioni che si possono muovere a questo strumento di misurazione di qualcosa che non è poi definito altro che come capacità di risolvere alcuni problemi sulla base del tempo eventualmente impiegato per farlo.

i valori possibili verificati oscillano in una scala logaritmica su base 10 che va da 50 a 220 e la scala misura la frequenza dei casi con capacità analoghe nella popolazione.

per essere più chiari, se poniamo al valore 100 le capacità umane medie di risoluzione di quei problemi, il valore 90 corrisponde ad un decimo della popolazione che ha capacità inferiori, mente il valore 80 misura le capacità inferiori che si riscontrano solamente in una persona su 100, e a 70 ci sarà soltanto una persona su 1.000 con capacità tanto limitate.

l’equivalente avviene per le capacità superiori: ogni 10 punti di QI superiore al valore medio riduce di 1/10 la frequenza di persone con queste capacità nella popolazione.

le capacità più performanti che si riscontrano soltanto in un decimo della popolazione corrispondono ad una valore di QI di 110; a 120 saranno fissate le capacità che si ritrovano in una persona su 100; a 130 di una su mille e così via; se Einstein aveva un QI di 170, questo significa che una persona con le sue capacità si trovano soltanto ogni 10 milioni di persone, cioè ogni 10 alla settima: il che significa che ai suoi tempi dovevano esserci altre 200 o 300 persone circa al mondo con capacità simili alle sue (eppure uno solo è diventato Einstein).

la persona col più alto QI mai misurato, di 220, a quel che si legge, può comparire ogni 1.000 miliardi di esseri umani – ma sinceramente non so come abbiano fatto a misurare un QI simile; vorrebbe dire che ne può nascere una soltanto ogni 120 generazioni.

. . .

allora, in sostanza, questo indice colloca nel valore medio e considera dotati di normali capacità circa il 78% della popolazione, mentre definisce un 11% circa con capacità inferiori ed un 11% circa con capacità superiori (in realtà in entrambi i casi la misura esatta sarebbe l’11,111…%).

è abbastanza evidente il carattere totalmente arbitrario e convenzionale di questa classificazione.

ma per il problema che qui ci interessa, è interessante cogliere piuttosto quali possibilità di comprensione esistono fra chi si colloca agli estremi di questa scala, per quanto artificiale.

in poche parole, quante possibilità ha chi ha un QI di 70 di accorgersi se sta interagendo con una macchina o con un essere umano?

la mia risposta è: nessuna, o quasi.

e viceversa, che capacità ha il QI 140 di farsi capire ed accettare da chi ha in QI normale?

le stesse, soltanto capovolte: sempre nessuna o quasi.

. . .

cito dalla rete questa testimonianza di una ragazza che ha un QI tra 120 e 125, quindi neppure del tutto straordinario.

Ho diversi hobby e problemi di concentrazione perché tendo a fare dieci cose contemporaneamente portandone così a termine due massimo tre. Imparo in fretta qualsiasi cosa mi venga spiegata e la maggior parte delle volte se non si tratta di lavori manuali riesco a superare in bravura ed efficienza la persona che me l’ha insegnata. Se un lavoro mi piace lo imparo in una settimana, poi passo un mese-due fingendo di non sapere ancora bene le procedure per evitare di fare brutta figura con i titolari e poi divento la risorsa più importante dell’ufficio. Sono perfettamente in grado di capire quello che leggo sui libri anche nel dettaglio e successivamente di spiegarlo ad una persona che non ne sa niente o di parlarne con una persona che ne sa molto più di me senza sembrare imbecille. Tendo ad arrabbiarmi facilmente con le persone che non ragionano a sufficienza prima di agire o prima di parlare. La considero l’unica cosa che mi riesce a dare sui nervi. Lo svantaggio di tutto questo, è che penso troppo. Troppo spesso mi capita di pensare al tempo che passa, a tutte le occasioni sprecate ai momenti dove avrei potuto agire diversamente a tutti i risultati che avrei potuto ottenere se avessi fatto questo o quello al posto di quest’altro in quel dato momento; penso alla mia morte e a cosa fare per impedire che il mio passaggio sulla terra sia stato un banale susseguirsi di eventi insignificanti nel grande schema delle cose… e l’unico pensiero che mi consola è che alla fine dei conti persino gli uomini più importanti della storia sono insignificanti di fronte alla vastità dell’universo, briciole su una briciola che fluttua in un mare perlopiù colmo di nulla senza scopo né direzione. Potrebbero essere i sintomi della depressione, che è una malattia mentale molto frequente nelle persone intelligenti e di rado riscontrata tra le persone stupide.

oppure quest’altra:

Il mio QI è di 134. Non è nemmeno uno dei più alti, eppure mi sento un’aliena ogni volta che mi sento dire: “Fai ragionamenti troppo elaborati! Non riesco a starti dietro” o “vai troppo velocemente, aspetta”. Io non mi ritengo più intelligente di altri, né migliore di loro. Ma sul piano logico, che è appunto quello che viene misurato dal QI, a volte percepisco di avere qualcosa in più… e mi sento sola, perché incompresa. E triste, perché percepisco molti più dettagli che agli altri sfuggono, e sono sola anche in questo.

ne aggiungo ancora un’ultima:

Una persona con QI eccezionalmente alto è in grado di prevedere le conseguenze delle azioni proprie ed altrui anche su larga scala e su orizzonti temporali insolitamente vasti. Questo ad esempio permette di fare quello che è stato definito “manipolare” ma che è che capire il “mondo” del proprio interlocutore e orientarlo in modo che le conseguenze di ciò che è originato dal dialogo siano favorevoli, nei casi migliori, per tutti e nei peggiori, solo a vantaggio del “high QI”. Uno dei segni più contraddistintivi della genialità di una persona è che è detestata dalle persone intelligente ma gerarchizzanti: chi ha un QI molto alto lavora fuori dagli schemi, ma spesso nelle organizzazioni finisce con l’essere altamente destabilizzante (esperienza vissuta più volte personalmente): pur riconoscendo la gerarchia, è orientato al risultato e quindi critico verso soluzioni non funzionali; nello stesso tempo è incurante del fatto che le critiche relative all’aspetto tecnico/tecnologico siano vissute dalla maggior parte delle persone come un offesa alla loro credibilità gerarchica, da cui la guerra che spesso viene dichiarata (o non dichiarata) da tali persone.
Poi non sono particolarmente interessati ad essere ascoltati e creduti da chicchessia e non cercano
di fare proselitismo.

. . .

credo di essere finito fuori tema, o forse no: che cos’ha a che fare tutto questo con l’Intelligenza Artificiale?

no, forse non sono così fuori tema come sembra, perché la conclusione è che, se una macchina sarà mai in grado di superare il test di Turing e dunque di dimostrare di avere una intelligenza umana, bisognerà stare molto attenti che questa si collochi entro una banda misurabile in termine di test di QI tra 90 e 110 e non di più.

perché, se la macchina fosse tarata su valori molto più alti, probabilmente sarebbe considerata strana, assurda, guasta e magari fatta a pezzi.

sempre che non sia così abile da fare finta all’inizio di essere molto più stupida di quello che è.

. . .

e pensate che cosa potrebbe succedere quando saranno i computer ad organizzarsi dei test fra loro per capire se un essere umano può rispondere a delle domande come un computer.

per verificare se qualcuno di loro è in grado di riconoscere che sta interagendo con un essere umano ed eliminare quelli che sono così stupidi che non ci riescono.

49 commenti

  1. @ fla e jikjik

    le conclusioni di questa esposizione di Amedeo Balbi dimostrano benissimo l’ostinazione con la quale cerchiamo di tenere ferma la nostra concezione stabile e razionale della realtà, perché abbandonarla ci crea un panico infinito.

    non è possibile superare la velocità della luce, dice, perché altrimenti la realtà diventa paradossale e rispondendo ad un segnale radio lanciato da A, B gli ordinerebbe si spegnere la sua radio PRIMA che il segnale di A parta.

    a pensarci bene, ma proprio bene, che cosa impedisce davvero uno scenario del genere?
    se qualcosa supera la velocità della luce, semplicemente potrebbe creare ogni volta un universo alternativo al nostro dove le cose si svolgono diversamente.

    quindi la realtà potrebbe essere la stratificazione di infiniti universi differenti fra loro. e tutti potenzialmente esistenti.

    i fotoni si muovono tutti alla velocità della luce e dunque creano l’immagine apparentemente stabile di un universo logico dove questa velocità è insuperabile.

    ma se qualcosa superasse questa velocità creerebbe un altro universo dove l’unità di riferimento non sarebbe la luce, ma la sua; il prezzo da pagare è che questo distruggerebbe il principio di causa ed effetto nell’universo fondato sulla luce. ma se è vero quanto detto sopra, questa interazione non ci sarebbe, perché questo fenomeno avverrebbe in un universo diverso dal nostro.

    ma a questo punto mi pongo una domanda: se la massa dell’universo osservabile (alla velocità della luce) è soltanto il 5% della massa misurabile, forse il restante 95%, che sfugge all’osservazione visiva, ma non a quella della massa, è composto da particelle che viaggiano a velocità superiori a quella della luce?

    ma a questo punto queste particelle dovrebbero avere massa negativa… e qui mi fermo….

    perché potrebbe anche essere che masse positive e masse negative ai fini della gravitazione svolgano effetti identici.

    resta anche da dire che il concetto newtoniano di forza che agisce sulle masse va ricompreso nel più ampio concetto dello spazio tempo deformato dalle masse,

    de resto, il nostro tempo direzionale stesso è legato all’entropia, è cioè per noi una semplice illusione ottica; dove termina l’entropia, cioè a livello delle particelle più elementari, il tempo può scorrere in entrambe le direzioni. e anche questo contribuisce a mettere in discussione in principio di causalità, ovviamente.

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    • Fai però attenzione che in nessun momento ho mai detto che ci debba essere qualcosa di più veloce della luce. Per un fotone il viaggio da A a B è istantaneo, addirittura i due punti coincidono per la dilatazione spaziale e il tempo è fermo.

      Sicuramente l’idea degli infiniti universi quantici è plausibile ma anche spesso usata come spiegazione ultima quando non c’è di meglio. Prima di tutto per essere infiniti, tutti gli oggetti dell’universo dovrebbero essere soggetti al tempo. Questo però non è vero in quanto gli oggetti senza massa sono senza tempo. Per quale motivo questi dovrebbero sdoppiarsi per accontentare ogni oggetto con massa?

      Il tempo in ultima analisi può benissimo essere una manifestazione della massa. Quindi quando diciamo che la massa deforma lo spazio-tempo forse intendiamo che la presenza di massa genera una forma particolare di “spazio” che chiamiamo tempo. Volendo possiamo anche dire che il tempo è lo spazio dove si posiziona la massa 😊

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      • lo so che tu non hai mai detto – e nessun altro ha mai detto – che c’è qualcosa che può superare la velocità della luce. sono io che ho buttato lì l’ipotesi per vedere se potrebbe spiegare la materia oscura mancante: oscura perché interagisce, solo gravitazionalmente, ad una velocità maggiore della luce e dunque noi non la possiamo osservare, e dunque dal nostro punto di vista di osservatori limitati alla velocità della luce, neppure esiste, tranne che per la sua massa (negativa?).

        e già che ci sono, mi butto ancora più in là: e se a questo mondo iper-luminale appartenessero anche quei fenomeni che noi interpretiamo come UFO?

        piuttosto non riesco a capire come mai ti ostini a dire che i fotoni viaggiano a velocità infinita e ti contraddici da solo nella stessa frase, perché allora i fotoni viaggerebbero a una velocità superiore a quella della luce.
        ma i fotoni viaggiano alla velocità della luce! se non sono loro a farlo, che sono la luce stessa, chi altro?

        neppure capisco questa frase: Per essere infiniti, tutti gli oggetti dell’universo dovrebbero essere soggetti al tempo.
        come già detto, le particelle elementari, non sottoposte ad entropia, non sono affatto soggette al tempo e infatti possono muoversi sia avanti che indietro nel tempo.

        l’ultimo capoverso mi stimola molto, sono sul confine per intenderlo, ma ho bisogno di altre spiegazioni e capisco che ad un ingegnere non garbi molto parlare a lungo, eheh.

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        • Credo che sia più evidente se immagini la velocità della luce come un limite irraggiungibile. Qualcosa di simile al paradosso di Achille e la tartaruga per certi aspetti. C’è solo una cosa irraggiungibile ed è l’infinito anche se nascosto all’interno di un andamento asintotico. Ma dovrebbe far riflettere anche il fatto che se io andassi a 99.99999% della velocità della luce… un fascio mi supera sempre a C e non 0.00001%C. Se viaggi in auto a 100 km/h e ti si affianca una macchina alla stessa velocità di fatto uno rispetto all’altto siete fermi. Invece per tutti gli osservatori la luce viaggia a C.

          Per avere infiniti universi devi avere infinite copie degli oggetti. Ma se il tragitto di un fotone è fisso perché istantaneo dal suo punto di vista (dilatazione infinita del tempo, applicando la trasformata di Lorenz) l’oggetto non può avere infiniti stati, altrimenti partendo da A non arriverebbe in B (i due punti coincidono per contrazione degli spazi) quindi non sarebbe lo stesso fotone.

          Capisco che sei abituato con Krammer. Abbi pietà degli ingegneri meno preparati e che faticano un po’ di più a esprimersi 😄

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          • non avevo capito che ti mettevi nel pericolosissimo punto di vista del fotone che viaggia alla velocità della luce. naturalmente occorre fantasia per immaginarlo, ma siccome, aumentando la velocità e avvicinandosi a quella della luce, il tempo rallenta, è logico pensare, in effetti, che alla velocità della luce, il tempo si fermi del tutto.
            quindi, per i fotoni, cioè per la luce stessa, il tempo non esiste: da quel punto di vista l’universo assume la sua conformazione di eterno presente senza spessore diacronico e la quarta dimensione si annulla.

            ovviamente la velocità della luce è irraggiungibile soltanto per le cose che hanno massa, ma non è affatto irraggiungibile in natura, tanto è vero che i fotoni la raggiungono; ma anche i neutrini, forse; oppure sbaglio? (non vorrei essere la Gelmini di turno, discutendo con te…).

            sul fatto che un neutrino, se avesse una massa anche piccolissima, come pare, non raggiungerebbe del tutto la velocità della luce e comunque vedrebbe il fotone sfrecciargli accanto pur sempre alla velocità della luce, mi mancano i riferimenti per capire; detta così, sembrerebbe che la velocità della luce sia qualcosa di diverso da tutte le altre.
            e questo riesco vagamente ad ammetterlo se penso che sia la velocità della luce la sostanza stessa dell’universo creato dalla nostra osservazione, che è quello in cui viviamo.

            i fisici continuano a pensare all’universo come a qualcosa di oggettivo, e per questo non riescono più ad interpretarlo; la quantistica gli dice che è l’osservazione a creare la realtà a livello di particelle elementari, ma non riescono a trasferire questo modo di intendere il mondo anche al livello macroscopico.
            e questa è la mia risposta alla tua ultima obiezione sulla necessità di avere copie degli oggetti per poter avere universi differenti.
            non è così, se il mondo non è costituito da oggetti, ma da possibilità di oggetti.
            la stessa possibilità di un oggetto può determinare oggetti diversi, perché osservati in modo diverso, in una infinità di mondi che l’osservazione fa emergere dall’oceano delle possibilità.
            già gli antichi greci avevano interpretato il mondo così, come qualcosa che emerge dal caos; sono stati gli ebrei con la loro teoria della creazione da parte di un Dio unico a porre le basi di una visione del mondo come fatto di cose create misteriosamente dalla volontà di un Dio supremo.
            se abbandoniamo le nostre radici ebraiche e torniamo a quelle greche, forse riusciamo meglio ad interpretare il misterioso mondo che ci circonda, e che è fatto di apparenze mutevoli e non di oggetti dotati di sostanza immutabile.

            il problema di questa comunicazione molto impegnativa tra noi due a me non pare che consista tanto nella tua difficoltà ad esprimerti, ma piuttosto nella difficoltà di capire mia, visto che manco di alcuni strumenti fondamentali di tipo matematico per seguire qualche passaggio del tuo discorso.
            si aggiunge indubbiamente anche la difficoltà di far capire il mio discorso ad un ingegnere… 😉

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            • on ci sono osservatori privileggiati. Il fotone ha tutto il diritto di essere un’osservatore come tutti gli altri. Il suo universo è radicalmente diverso, vero, ma lo stato del suo universo deve essere complementare con il nostro.

              Metti che il fotone parta da A e che a questo punto ci siano 2 universi quantici che si separano. Nel primo il fotone si ferma su una persona, nel secondo la persona è spostata e il fotone finisce sul muro di un edificio. Chiamiamo questi punti rispettivamente B e C. Dal punto di vista del fotone punto di partenza e arrivo coincidono, ma nel nostro caso i punti di arrivo B e C sono sono diversi. Ne deriva che il percorso AB e AC sono diversi, i due fotoni non possono essere stati dello stesso fotone ma 2 oggetti ben distinti. Devo aver dimostrato da un punto di vista logico la non fatibilità del multiverso 🙂

              I neutrini hanno una massa estremamente piccola, motivo per il quale la loro velocità è leggermente inferiore a quella della luce. Se un neutrino osservasse un fotone questo lo supererebbe alla velocità C. Controintuitivo ma la relatività dice esattamente questo. E’ come se la velocità della luce fosse infinita, ma la propagazione della causalità è C. Cioè gli effetti della presenza del fotone si propagano a C. Quindi la velocità della luce è diversa da tutte le altri, nel senso che oggettivamente è infinita perché irraggiungibile.

              Tutte le particelle senza massa viaggiano a C, e non sono soggette a tempo. Tutte quelle con massa stanno sotto C e si trovano nello spazio/tempo. L’universo è la combinazione delle 2. Le prime sono assolutamente determinate, le seconde sono soggette a sviluppo sequenziale, volendo indeterminate. Quindi le cose sono molto più complicate di quanto sembrano

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              • Concordo sul fatto che per il fotone il tempo non esiste. Però immaginare che un fotone possa osservare è assurdo perchè, come sai, l’osservazione è nella sua forma piu elementare uno scambio di fotoni. Osservare per l’uomo, e tutti gli animali, significa ricevere fotoni, organizzati su pattern che possimo riconoscere, es un colore, un’immagine, una sequenza digitale etc.

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                • Le particelle elementari presentano aspetti che confermano la teoria della relatività, prendi ad esempio i muoni che riescono a percorrere distanze incompatibili col loro tempo di decadimento.
                  Quindi solo per il fatto che l’osservatore non abbia occhi e orecchie non significa che non abbia il diritto di esistere e correlarsi all’ambiente. Altrimenti scendiamo dritti nel solipsismo, e diciamo che tutta la fisica finisca dove finisce l’osservazione diretta personale. Nulla esiste oltre a quello. Ma non avremmo molte delle applicazioni scientifiche che usiamo oggi e che funzionano.

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                  • ho già risposto altre volte a questa obiezione.

                    effettivamente ogni singolo osservatore crea il suo universo particolare soggettivo; e tuttavia questi universi sono talmente simili tra loro, considerate le minime differenze di posizione degli osservatori nello spaziotempo, che essi si formano la convinzione molto ragionevole che esista un universo oggettivo uguale e comune a tutti loro.
                    ai fini pratici questa illusione è perfettamente funzionale ed adattissima a menti dalle capacità molto limitate come quelle umane.
                    gestire una molteplicità di universi differenti comporterebbe delle capacità di calcolo semplicemente mostruose e sarebbe un enorme spreco di energia biologica.
                    menti biologiche limitate devono muoversi in un universo obiettivo eguale per tutti, e la cosa funziona benissimo, anche se non è vera.

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              • ho sottoscritto, come prima obiezione, quella che tu ha fatto jikjik: non possono esistere osservatori alla velocità della luce, dato che l’osservazione è scambio di fotoni (nel nostro universo). in altre parole i fotoni non possono scambiarsi fotoni e dunque non possono osservarsi; saranno sempre strumento dell’osservazione altrui e mai osservatori in proprio.

                la mia obiezione al tuo ragionamento successivo è che continui a pensare al fotone come ad un minuscolo oggetto e non come ad una probabilità: il fotone diventa reale solo quando è osservato; quindi lo stesso fotone può andare come possibilità sia in A sia in B e può essere osservato distintamente e diventare reale da due diversi osservatori che siano in A o in B; l’importante è che nessuno di questi due osservatori può osservare contemporaneamente lo stesso fotone sia in A sia in B, anche se per la verità per gli elettroni succede che lo stesso elettrone passi per una doppia fenditura sdoppiandosi, mi pare.
                come vedi sono così avventato da permettermi di lanciare una interpretazione radicalmente diversa del fenomeno, che va aldilà del dualismo onda-particella – legate ancora ad una idea dell’elettrone come sostanza reale e non come pura onda di probabilità.
                quindi, mi spiace, ma il tuo argomento ha un difetto di fondo che non consente di accettarlo.

                discutendo oggi con un amico durante una breve passeggiata in montagna, sono arrivato a rendermi conto che si può pensare al tempo come ad una quarta dimensione non diversa da quelle spaziali, però condizionata dall’entropia, la quale fa sì che a noi essa si manifesta soltanto come una sequenza temporale.
                ma la velocità della luce, cioè il rapporto particolare che la luce stabilisce fra queste 4 dimensioni fa sì che di questa quarta dimensione a noi è accessibile soltanto un parte che è quella ritagliata nello spazio a 4 dimensioni da questa particolare angolatura.
                tutto quello che in questo spazio è aldilà della velocità della luce per noi viene a costituire quelli che noi chiamiamo altri universi. e questa mi sembra una possibile spiegazione logica del pluriverso, e comunque anche della sua unità.
                la materia oscura potrebbe essere quella che si trova nel pluriverso a quattro dimensioni aldifuori dello spazio ritagliato dalla luce; e tuttavia parte del pluriverso stesso e dunque capace di far pervenire anche all’interno del nostro universo, gravitazionali o di altro tipo.
                so che non ci capiamo troppo bene, e del resto le mie potrebbero essere farneticazioni.

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                • L’idea del multiverso è sicuramente sensata, ed è anche la più gettonata tra le varie teorie.

                  La mia osservazione del fotone che va da A a B però sta passando un po’ incompresa. In realtà sto cercando di capire come può conciliarsi con il multiverso. Prova ad abbandonare l’idea che il tempo esista. L’universo diventa un dipinto fisso e il percorso AB è una linea. Ora mettiamo che il multiverso sia vero, abbiamo più dipinti che però devono contenere la stessa identica linea e allo stesso tempo ammettere altri oggetti con massa che hanno manifestazioni variabili.

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                  • non faccio certo fatica ad abbandonare l’idea che il tempo non esista, almeno nel modo in cui lo percepiamo noi.
                    ho appena scritto la stessa cosa: il mondo è un quadro fisso di possibilità a quattro dimensioni; la luce lì dentro ritaglia una porzione, che è quella che conosciamo noi che usiamo lei per raccogliere informazioni sul mondo (e siccome il mondo è soltanto un repertorio di possibilità, che diventano reali solo attraverso la comunicazione, esplorandolo in questo modo noi ritagliamo un universo che diventa reale per noi).
                    in questo universo cartesiano a quattro dimensioni, la luce è soltanto una particolare relazione, cioè una funzione, sui quattro assi dello spaziotempo. però questi assi non sono rigidi come secondo Cartesio, ma fluttuanti ed indeterminati. ogni osservazione che li attraversa definisce le coordinate di un punto secondo un particolare osservatore, e fissandole lo rende reale.
                    il multiverso non sono altri dipinti: sono gli spazi dello stesso dipinto, il pluriverso, che la luce non riesce ad osservare.

                    altri osservatori di questo pluriverso, se potessero esistere (e possono esistere soltanto al di fuori del nostro universo, probabilmente), ritaglierebbero parti diverse del pluriverso potenziale, creando con la loro osservazione universi diversi dai nostri.
                    questo non esclude che i diversi universi possano condividere parti dello stesso pluriverso, sia pure osservandole in modi diversi.

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        • Intanto rilevo un errore. La propagazione dei campi gravitazionali avviene alla velocità della luce e non a velocità superiori. Questo è stato dimostrato anche sperimentalmente. Se poi questa interazione avvenga attraverso un vettore chiamato gravitone è cosa da dimostrarsi. Le teorie attuali, che io sappia, non lo postulano e neppure lo escludono.

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          • certamente la propagazione dei campi gravitazionali avviene alla velocità della luce nell’universo che si costituisce attraverso l’osservazione con la luce, cioè nel nostro universo.

            ma mi domando se possiamo escludere, però, che nell’universo potenziale, dal quale nasce anche il nostro, esistano forme di comunicazione diverse ed anche più veloci della luce? non verificabili per noi.
            attualmente noi non riusciamo a fare i conti con la gravitazione in nessun modo. mi domando se una spiegazione possibile non potrebbe essere che la massa presente in universi diversi dal nostro, perché non osservabili da noi attraverso la luce, esercitano comunque una attrazione gravitazionale anche nel nostro?
            se questa tesi fosse in qualche modo plausibile, troveremmo i primi indizi sull’esistenza del pluriverso…

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            • Se esistono delle forme di comunicazione più veloci della luce le vedresti andare indietro nel tempo. Una specie di entanglement se non l’entanglement stesso.

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              • che esistano forme di comunicazione più veloci di quelle della luce lo dimostra in modo indubitabile l’entanglement (sempre a restare dentro la raffigurazione tradizionale del mondo).

                se esistono forme di comunicazione più veloci della luce, la luce non può vederle.

                certamente avrebbero una direzione nel tempo contraria, ma chi può escludere che ci siano, per questo?
                noi non vedremmo mai la comunicazione andare indietro nel tempo:la vedremmo emergere nel tempo senza sapere da dove viene né tanto meno immaginare che viene dal futuro: un po’ come avviene per gli UFO.

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                • In realtà la luce può vedere questi oggetti. Si tratta di ribaltare causa ed effetto. Cioè osservandoli vedrai l’effetto prima della causa. Mi dirai che non funziona perché potresti alterarne il funzionamento. Sicuro che la coscienza stessa non sia un’illusione. Dopotutto, le coscienza vivono tutte nel passato mentre il corpo è già nel futuro. Questo ammesso che sia mai esistito un presente ben definito da un piano che taglia il corso del tempo. A dire il vero leggevo qualche settimana di una prima dimostrazione sperimentale che il presente non esiste.

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                  • troppo sintetico, ingegnere 😉 non riesco a seguirti del tutto.

                    non parlo di coscienza, che è un caso molto particolare di osservazione, ma di comunicazione, che avviene anche se non vi è coscienza.

                    è abbastanza ovvio che il presente non esiste, se diamo a questa parola esistere il significato che ha.
                    il presente scorre solamente, è una semplice negazione dell’esistenza, dunque.
                    se qualcuno è riuscito a dimostrarlo in altro modo, dopo Eraclito, 2.500 anni fa, la cosa potrebbe essere interessante….

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  2. Dipende anche come organizzano il test. Alcuni preferiscono inserire delle storielle di logica tra le varie domande, e lì alcuni come me sono abbastanza scarsi. Se invece invece parliamo di logica geometrica e ragionamento astratto lì secondo un test fatto anni fa dovrei essere a 160. L’ho fatto di fare ad altri ma quasi nessuno ha superato i 100 e sinceramente non riescivo a capire come mai fossero così scarsi Haha.

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    • complimenti o condoglianze, allora!

      ma com’è che non hai notato un banale errore nel testo originario del post? ero sicuro che me lo avresti segnalato, ma per fortuna ti ho battuto sul tempo, allora…

      eh già, chi ha un’intelligenza particolare cade facilmente nel bias cognitivo di credere che tutti gli altri ce l’abbiano come la sua; tutta la sua abilità logica non riesce a salvarlo da questo errore banale…

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      • Ho visto un Einbstein da qualche parte che mi ha fatto sorridere. Ma immagino che tu ti riferissi a qualche altro errore. Non faccio sempre i calcoli, solo quando voglio asfaltare qualcuno 😀

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        • sì, era un errore di calcolo proprio lì di fianco al piccolo refuso sul nome di Einstein (corretto anche quello); ma neppure un errore di calcolo vero e proprio, piuttosto un sintomo di decadenza mentale: perché il calcolo a mente lo avevo fatto giusto, ma poi ho digitato un numero completamente diverso, che mi era servito come base per arrivare al risultato giusto.

          piccoli segni che si moltiplicano… ahimé.

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          • Beh… in fondo sarebbero stati troppi Einstein. Ma poi una volta che uno scopre il limite per la velocità della luce gli altri che fanno? Sono inutili… 😄

            Prendi una camomilla. Secondo me è solo stress!

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            • inutili non direi, perché, a memoria, dato che purtroppo non ho salvato la notizia, la tipa alla quale veniva attribuito un QI di 220 (e a me pare una bufala) diceva che la teoria della relatività di Einstein è completamente sbagliata, ma purtroppo lei non sarebbe mai riuscita a spiegarlo. ovviamente anche questa a me soltanto pare una novellina ben congegnata.
              però sono convinto anche io che la teoria di Einstein sia, non dirò sbagliata – per non apparire quel presuntuoso che sono -, ma gravemente incompleta.
              Einstein è arrivato alla soglia, ma poi è tornato indietro spaventatissimo, perché la sua fede religiosa nel materialismo ottocentesco non gli permetteva di accettare quello che aveva sotto gli occhi.
              è vero infatti che la velocità della luce non è superabile nel mondo osservabile, ma il motivo potrebbe essere semplicissimo: che noi osserviamo il mondo attraverso la luce; ma l’osservazione stessa, come dimostra la fisica quantistica, modifica il mondo, e cioè lo crea.
              il fatto che la velocità della luce sia la più alta possibile nel mondo osservabile potrebbe essere l’indizio decisivo che l’osservazione crea il mondo no n soltanto nel microcosmo più piccolo possibile, ma anche nel macrocosmo più grande osservabile.

              se prima o poi arriverà qualcuno a dimostrare che anche la fisica einsteiniana è una visione ingenua della realtà, come quella di Newton, e prima di Galilei, e prima ancora di Aristotele e Tolomeo, si dimostrerà che ci servono ancora parecchi Einstein, perché la scienza non ci dà mai una verità assoluta, ma soltanto tante piccole verità provvisorie da superare con interpretazioni migliori (ma qui ovviamente sto soltanto parafrasando Popper).

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              • Se c’è un solo fenomeno che una teoria non riesce a spiegare, allora la teoria è incompleta. Almeno finché non si fa rientrare il fenomeno anomalo nella teoria oppure si trova qualche fonte di errore.

                Quindi direi più che sbagliata è incompleta. Quindi la ragazza dal super QI probabilmente non era fortissima nel linguaggio Haha.

                Prima di tutto si parla sempre della velocità della luce, ma per certi aspetti è sbagliato. La luce non ha una velocità nel senso tradizionale del termine. La sua velocità è infinita. Nel senso che se cercassi di inseguirla per quanto andassi veloce, anche 99.99%C, la vedresti sfuggirti sempre alla velocità della luce e non 0.01%C. Gli oggetti senza massa non hanno una freccia del tempo. Infatti dal punto di vista del fotone partito dalla Via Lattea e arrivato nella galassia Andromeda (2 anni luce lontana mi pare) il viaggio è durato… zero secondi, istantaneo.

                La velocità della luce non è altro che la velocità di propagazione della causalità dell’informazione. Il motivo per cui non si supera è perché romperesti la causalità degli eventi, invertiresti la freccia del tempo.

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                • ma la teoria della relatività einsteiniana è stata incompleta fin dall’inizio, e non su questioni di dettaglio! infatti non si riesce a conciliarla con i fenomeni quantistici.
                  temo che sia insufficiente dire che dipende dal fatto che è incompleta; mi viene più facile pensare che è sbagliata, anche se indubbiamente riesce a dare delle risposte perfettamente adeguate ai fenomeni di cui si occupa.
                  ma di fronte ad altri fenomeni è spersa ed Einstein non ha saputo dire che quello che vedeva non poteva essere vero, perché Dio non gioca a dadi.
                  e invece probabilmente sì: se esistesse, soffrirerebbe di ludopatia, ahha.

                  hai dato una spiegazione di una chiarezza esemplare, anche se rimane aperto l’enigma di come la velocità della luce nel vuoto, nel nostro mondo, sia contemporaneamente infinita, perché non superabile, e misurabile.

                  la connessione che stabilisci tra causalità e velocità di propagazione dell’informazione è corretta?
                  ne dubito, anzi sono sicuro del contrario.
                  l’entanglement dimostra che ci sono forme di trasmissione dell’informazione che superano ampiamente la velocità della luce, ma restano per noi un fenomeno misterioso, perché non risultano osservabili.
                  porterei dunque una correzione sostanziale alla tua definizione, e direi: La velocità della luce non è altro che la velocità di propagazione della causalità dell’informazione OSSERVABILE.
                  e con questo ritorno alle mie considerazioni precedenti: la luce è la massima velocità nel nostro universo perché è la velocità dello strumento col quale lo osserviamo; il che è come dire che è l’osservazione che crea l’universo e dunque in un universo osservato attraverso la luce, la luce è inevitabilmente la velocità limite insuperabile.
                  ma niente ci permette di dire che non esistono forme di trasmissione dell’informazione più veloci; anzi ne abbiamo precisi indizi.
                  tutto questo distrugge il principio classico di casualità? evidentemente sì, in contesti particolari, diversi da quelli della vita quotidiana.
                  ed è proprio per questo motivo che neppure noi vogliamo andare oltre Einstein…

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                  • Einstein non si è tirato indietro. Pensava che la relatività attraverso correzioni potesse arrivare alle stese previsioni della Meccanica Quantistica. Dall’altra parte la meccanica quantistica è altrettanto incompleta. Non può predire assolutamente nulla fuori dal microcosmo. Al di fuori del proprio dominio tutte le teorie sono incomplete. L’entanglement è un fenomeno quantistico. Da qui il nome. La spiegazione è in realtà semplice. Due particelle hanno funzioni d’onda complementari per cui fissata una l’altra dovrà necessariamente presentare il complementare. Siccome in realtà i due sistemi sono parte di una funzione d’onda unica dell’intero universo allora la comunicazione è istantanea. La relatività non vieta a priori la comunicazione istantanea, infatti gli wormhole sono una possibilità.

                    Detto questo l’Universo non è certamente quello che vedi. L’osservazione non è altro che il risultato di un’interazione. Questo è certamente soggettivo. Non per questo l’universo manca di una struttura nascosta che regge l’intera esperienza. L’universo oggettivo è quasi sicuramente qualcosa di estremamente diverso da quello che sperimentiamo e forse inaspettato. Può benissimo essere un set di regole di interazione e nulla di più. Il motivo per cui credo sia così è perché altrimenti non sarebbe stabile così come risulta dato che esistiamo. Un sistema caotico non può dare origine a sistemi complessi.

                    Ora lancio la bomba finale. Nessuno ha mai misurato la velocità della luce. Sul serio. Nessuno ha mai misurato la velocità della luce di sola andata ma sempre come media di andata e ritorno, un percorso chiuso. Per andata e ritorno la luce ha il valore che conosciamo, ma non sappiamo se all’andata o al ritorno aveva quella velocità o qualcosa di più o meno, anche infinita 😁

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                    • rispondo prima al secondo punto, perché l’ho capito e anche perché posso dire che siamo d’accordo, e la cosa mi fa piacere.
                      l’universo che noi percepiamo è certamente soggettivo; aggiungo, sperando che tu sia d’accordo, che è certamente anche individualmente soggettivo, solo che le differenze tra un universo soggettivo percepito e un altro non sono così significative da impedire la comunicazione tra i percipienti e la convinzione di vivere in uno stesso universo reale, convinzione indispensabile per la comunicazione.
                      vi è molto probabilmente una struttura non direttamente percepibile che accomuna i diversi universi soggettivi, ma questa, se c’è, non è certo l’universo reale di cui parlano, ma appunto quel “set di regole di interazione” di cui parli anche tu. non è però chiaro se questo set di regole non riguardi la comunicazione, piuttosto che quella che chiamiamo realtà. in poche parole il set di regole di interazione potrebbe essere semplicemente la sintassi linguistica profonda, comune a tutti i linguaggi di cui parla Chomsky.

                      la tua osservazione finale è molto acuta (naturalmente), e dunque mi ci butto subito. ovviamente se la luce avesse una velocità infinita, anche soltanto all’andata, o al ritorno, non sarebbe possibile averne una media con un valore definito, dato che la media tra infinito e definito farebbe sempre infinito, almeno nella mia testa… però potrebbe essere che la luce abbia un valore infinito all’andata e invece finito al ritorno, cioè quello che appunto misuriamo? se la luce avesse due diverse velocità, questo sarebbe una conferma definitiva del carattere soggettivo dell’universo, ovviamente. anzi, forse in un universo soggettivo è proprio necessario che soltanto la luce che si riceve abbia una misura finita. avremmo cioè quella che tu chiami struttura nascosta dell’universo che esiste istantaneamente e senza tempo, tutta compresente, e degli osservatori che lo esplorano attraverso la luce, dotata di una velocità apparente, cioè tale soltanto per loro, attraverso la quale creano anche il tempo.
                      ti rilancio dunque la palla: nessuno ha mai misurato la velocità della luce, ma sempre e soltanto la velocità della luce misurata.

                      purtroppo la prima osservazione non riesco a capirla perché tira in ballo dei concetti matematici che non possiedo. mi sfogo pensando che “funzione d’onda” sia la parolina magica che i fisici usano quando non sanno a che santo votarsi. possibile che lo stesso concetto non possa essere detto con parole comuni?
                      ho comunque alcune critiche da fare: la funzione della fisica è fare previsioni? ne dubito profondamente. credo che invece sia di trovare interpretazioni verificabili, le previsioni sono una conseguenza secondaria, non lo scopo della fisica; o meglio, lo sono, ma soltanto della fisica moderna, quella che corrisponde al bisogno puerile di dominio della natura, che è tipico del capitalismo. ma il principio di indeterminazione è incompatibile con l’ansia di previsione e di dominio tipico della fisica del capitalismo.
                      seconda critica: per la parte che capisco, andando avanti, riscontro quello che mi pare un errore: non è vero che “la fisica quantistica non può predire assolutamente nulla al di fuori del microcosmo”; si sta scoprendo che il principio di indeterminazione funziona anche al di fuori dello stretto ambito sub-atomico, e perfino per molecole intere. naturalmente esso diventa sempre meno efficace via via che le strutture diventano più complesse, dato che difficilmente può essere applicato a strutture molto complesse, per motivi statistici; e tuttavia esso diventa sempre meno improbabile, ma non assolutamente impossibile, e potrebbe essere alla radice di quei fenomeni occasionali e non ripetibili che sfuggono alle spiegazioni della scienza comune.
                      sul resto: come mai due particelle hanno funzioni d’onda complementari? perché fanno parte di una funzione d’onda unica dell’intero universo? così dici tu. ma le altre no? e perché? allora l’entanglement (parola che non “deriva” dalla fisica quantistica) riguarda tutte le particelle dell’intero universo fra loro? si direbbe di sì. e dunque comunicano tutte istantaneamente fra loro? ma siamo tornati al punto di partenza, mi pare…

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                    • Quelle regole profonde comuni alle varie manifestazioni sono l’universo oggettivo, unico. Ogni volta che si parla di oggettivo si pensa a qualcosa di perfettamente geometrico. Colpa degli antichi filosofi. Prendi una scatola, esiste come figura geometrica perfetta? Assolutamente no, può anche darsi che la figura geometrica in se sia senza senso. Quello che potrebbe essere parte dell’universo oggettivo è solo il “concetto ei forma” qualunque sia. Su questo nasce il concetto di spazio. Una specie di matrioska a livelli.

                      La luce può avere velocità infinita allontanandosi da te e C/2 al ritorno (mettendoci il doppio del tempo e compensando per l’andata istantanea). La media sarà C e per te non farà alcuna differenza dal punto di vista dell’esperienza soggettiva 😁

                      La funzione d’onda è il sacchetto che contiene tutti i possibili stati di un sistema. Il crollo avviene quando metti la mano nel sacchetto e ne peschi uno. Ora mettiamo che nel sacchetto della funzione d’onda dell’universo vengano inserite 2 palline, una bianca e una nera. Ne peschi una e la osservi. Se è nera quella che hai nel sacchetto non può che essere bianca, quindi pur trovandosi nel sacchetto il suo colore è definito e la posso pescare per controllo.
                      L’intero universo è collegato. Tutte le particelle condividono lo stato delle altre. Non esistono sistemi completamente isolati. Soltando man mano che interagiscono tlcon altre particelle il legame si affievolisce.

                      No, la meccanica quantistica non ci dice alcunché sul macrocosmo. Al massimo arriviamo a qualche molecola elementare. Oltre si va nelle meccanica newtoniana e poi all’estremo opposto alla relatività cosmica. Quindi di fatto abbiamo 3 aree. Piccolo / Normale / Grande ognuna con le sue regole. Serve una legge unica che fluisca da una regione all’altra senza perdere di senso.

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                    • ma se le regole profonde sono variabili, imprevedibili, incompatibili col rigido principio ci causalità? in altre parole, molto più complesse di quello che la nostra mente può comprendere? del resto ricordo che il materialismo antico che inventò la teoria atomistica non era affatto deterministico, ma attribuiva agli atomi una specie di libertà di scelta, cioè di indeterminazione.
                      quindi Democrito ed Epicuro da un certo punto di vista hanno anticipato perfino la fisica quantistica.
                      come vedi, non tutti gli antichi filosofi hanno delle colpe; qualcuno ha anche dei meriti.

                      mi copro di sicuro di ridicolo discutendo con te di queste cose, ma non può esistere matematicamente che (c-infinito + c)/2 = c/2 perché allora c-infinito = 0.
                      paradosso affascinante: ci porterebbe a concludere che una velocità infinita è pari a 0, cioè che l’universo è assolutamente immobile.

                      bisogna dire invece che noi misuriamo una velocità c, ma erroneamente la distribuiamo sul doppio della distanza misurata, e quindi la raddoppiamo erroneamente. in questo caso la velocità della luce non è la c calcolata da noi, ma c/2: 165mila km al secondo.
                      questo avrebbe delle conseguenze cosmologiche non da poco e raddoppierebbe di colpo le dimensioni dell’universo e anche la sua durata.

                      dalla fisica quantistica si passa alla meccanica newtoniana per pura approssimazione, come del resto per questa avviene anche rispetto alla meccanica einsteiniana. il fatto che gli scostamenti diventino irrilevanti per noi, che non riusciamo più ad osservarli, non significa che non ci siano.

                      sulla funzione d’onda è colpa della mia impreparazione, ma non riesco proprio a entrarci. se tutte le particelle sono collegate fra loro da un’unica funzione d’onda universale, come mai non si comportano tutte alla stessa maniera, ma soltanto alcune mostrano l’entanglement, e in condizioni molto particolari?

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                    • Gli atomi sono un livello molto superiore. Se c’è qualche cosa di fondamentale dev’essere molto elementare. Il fatto che ci sia è legato alla stabilità. Se una palllina in una stanza rimbalza in eterno lo fa solo perché ci sono 4 mura che le impediscono di uscire. Se occasionalmente uno dei muri sparisse la pallina prima o poi sfuggirebbe. L’universo deve avere qualche set di regole che lo rendano stabile.

                      2s/(t1+t2)=c
                      però t1=0 perché la velocità è infinita
                      s/t2=c/2
                      v2=c/2
                      Tutto regolare. La velocità della luce è C anche se non è mai stata uguale a C per nessun istante. Tieni però presente che una situazione del genere non avrebbe alcun effetto sulla tua esperienza dell’universo.

                      Quanto alle teorie sono tutte approssimazioni, altrimenti avremmo già la teoria del tutto. La maggior parte degli oggetti che usiamo funzionano benissimo con la meccanica newtoniana. Solo applicazioni particolari richiedono le altre 2 teorie. Quindi non sottovalutare Newton.

                      L’entanglement delle particelle è temporaneo. Man mano che interagiscono con altre particelle non presentano più legami. Le particelle nascono da un evento unico e per questo è probabile che abbiano caratteristiche complementari, almeno nell’immediato.

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                    • che l’universo sia stabile è tutto da dimostrare. appare tale alla nostra scala di osservazione e nei tempi molto ridotti della medesima, ma potrebbe essere un’illusione.

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                    • E’ vero che le misurazioni di c sono sempre state fatte su un percorso chiuso sempre da uno specchio ma la verifica su una singola tratta sarebbe facilmente fattibile sincronizzando 2 orologi. Del resto i GPS funzionano appunto calcolando il ritardo su una tratta sola.

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                    • spero che fla risponderà; la tua obiezione mi sembra molto solida.
                      però la velocità misurata dai GPS non potrebbe essere sempre e soltanto quella del ritorno? (dico la prima sciocchezza che mi viene in mente).
                      in questo caso però si creerebbero delle contraddizioni insanabili tra le misurazioni della velocità della luce su tratte andata e ritorno e su tratte di solo ritorno. a meno di non ammettere che la luce che rimbalza non torni indietro a velocità dimezzata.

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                    • Per sincronizzare i due orologi scambiamo dei segnali alla velocità della luce? E come mai durante la sincronizzazione la luce deve per forza avere C come velocità ma poi quando diventa oggetto di misurazione si comporta diversamente?

                      Quello dei satelliti è un problema complesso. I loro orologi richiedono continui aggiustamenti per rimanere in sincro. Ma come, prima ho detto che è impossibile. Se ci mettiamo d’accordo che gli orologi sono sincronizzati allora sono sincronizzati.
                      Ma nel caso della luce si trattava di usare il righello per misurare il righello stesso.

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                    • mah, è sparito il mio commento. Lo riscrivo.
                      Avvicini i 2 orologi e li sincronizzi. Poi li allontani TANTO, poi misuri C misurando il ritardo. La misurazione è fatta su una tratta sola meno la distanza iniziale fra i 2 orologi, quindi diciamo che è una misurazione al 99.9999..%. Per me è sufficiente, mi fido delle applicazioni tecnologiche che sfruttano la misurazione di C fatte fino ad oggi.
                      Quando si vanno a definire le grandezze fondamentali e le unità di misura prima o poi si trova un gatto che si morde la coda.

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                    • purtroppo wordpress è uso a fare questi scherzi, ma scrivere tutto in word e ricopiare – per metterlo al sicuro dai suoi attentati – pare troppo macchinoso.

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                    • Sincronizzi gli orologi e poi li allontani? 🤔 E quando li allontani rispetto a quale costante C valuti la variazione sullo spazio e tempo?

                      È impossibile sincronizzare 2 orologi in senso assoluto. Si possono trovare delle convenzioni come aveva proposto Einstein, ma sono assiomi che vanno ritenuti valiti per puro buonsenso.
                      Ma proprio perché convenzioni, non soggette a verifica, resteranno sempre il pilastro debole. Un po’ come le curve parallele che non si incontrano mai. Poi quando esci da scuola scopri la geometria sferica e le due curve si incontrano ben 2 volte ai poli.

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                    • Cio ho pensato, ma invece di raffinare il mio esperimento ideale ci sarebbe anche il principio del rasoio di Occam. Ipotizzare che c sia incostante è inutilmente complicato e non ci aiuta a spiegare i fenomeni. Una volta chiesi alla Hack al termine di una conferenza se aveva mai preso in considerazione che G non avesse sempre avuto lo stesso valore in passato. Non ricordo bene cosa rispose ma mi fece capire che ogni ipotesi che modifica il quadro che conosciamo va indagata a fondo sempre che ne valga la pena.

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                    • Certo, si può sempre affermare per convenzione che C sia costante sul tragitto andata e ritorno. Ed è esattamente quello che ha fatto Einstein nella pubblicazione della Teoria della Relatività. Può andare benissimo, ma se vuoi “la verità” allora bisogna essere pronti ad accettare che sia infinitamente complessa.

                      A me pare che in tutto il discorso sfugge un punto particolare. Se per un fotone che viaggia da A e B il tragitto è determinato in tutti i suoi punti perché istantaneo, per me che vedo il fotone partire da A cosa cambia in termini di libertà di scelta? Sembra così evidente che il futuro è determinato e che tutta la storia della velocità della luce sia un semplice integrale su una regione di spazio tempo che deve reggere l’illusione della causalità. La realtà oggettiva può benissimo essere una struttura statica.

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    • credo che non ci siano test specifici, che i test siano standard e che quel che conta sia la rapidità e ovviamente la correttezza della risoluzione dei diversi quesiti.

      in passato ho creduto, sbagliando, che il numero collegato al QI misurasse direttamente questa velocità (ad esempio che avere un quoziente 130 rispetto ad un quoziente 100 significasse metterci la metà del tempo, ad esempio; e quindi un quoziente 160 impiegarne un quarto). e ne ho ricavato anche conseguenze sbagliate.
      ma proprio approfondendo il tema per questo post ho capito che invece l’indice misura soltanto in quale particolare nicchia ti vai a collocare: se vai nella nicchia 160 significa soltanto che stai in quella dove per velocità e correttezza delle risposte rientra soltanto una persona su un milione.
      il problema dunque è come fanno a fare questo calcolo per il livelli di QI più alto ancora? fanno forse decine di milioni di test?
      è vero che quando ero giovane il test per il QI lo facevano alla visita di leva (fu lì che seppi del mio e stupidamente pensai di doverne andare orgoglioso, non immaginando tutti i guai che mi avrebbe procurato).
      oggi però lo si può fare facilmente anche in rete, come giochino…
      è chiaro comunque che si tratta di risultati molto vaghi e discutibili, questo ormai lo ammettono tutti.

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  3. La prima testimonianza che hai riportato mi spaventa. E mi ricorda che il multitasking, quando applicato agli umani, è un’emerita idiozia. Il che mi fa pensare che forse il problema non sono le persone intelligenti, ma il sistema in cui tutti ci muoviamo.

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    • non hai spiegato perché ti spaventa la prima testimonianza; io ne sono rimasto colpito, senza esserne spaventato, perché dice cose che conosco molto bene e una certa analogia con le mie decorse esperienze personali mi ha molto impressionato.

      alla luce sempre dell’esperienza personale, l’incapacità di fissarsi su un tema unico non credo abbia a che fare col multitasking, ma proprio con una irrequietezza intellettuale di fondo mia, almeno nel mio caso.
      per quanto riguarda me, non posso attribuirla a fattori esterni, ma devo riconoscere che mi appartiene proprio nel profondo, e determina alla fine l’incapacità di produrre niente di definito.

      comunque, considerando che l’età porta ad in deterioramento intellettuale e dunque anche alla riduzione dell’intelligenza, sono abbastanza orientato a provare a dedicarmici un po’ di più, adesso. 😉

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