dov’è il virus, secondo Krammer – 59

mi dice l’amico Krammer, via mail (ma lo sa che finisce qui, vero?):

un tempo gli eruditi chiamarono influenza questa strano fenomeno che inspiegabilmente ci debilitava per misteriosi motivi, sotto l’influsso degli astri o di chissà di quale altra entità, si credeva. poi nel tempo la medicina col microscopio ha scoperto i “microbi”, microrganismi invisibili e batteri con tutte le svariate malattie che comportano, ma bisogna arrivare alla fine dell’ottocento affinché si scoprissero anche i virus. Leggo che deriva dalla radice vis- = essere aggressivo, e in latino virus significa veleno. Dai pochissimi ricordi che ho del latino delle superiori mi pare che vir significhi uomo, cioè maschio, ma vis significa anche forza.
non so quanti anni fa lessi, forse proprio da te – e non si discostava dalle mie idee – che il virus siamo noi, a conti fatti, l’uomo.
ora che ricordo fu nel celebre film Matrix, che guardai estasiato al cinema quando uscì nel 1999, che sentii accostare credo per la prima volta questa provocazione: il supercattivo virtuale del film in un passaggio sostiene che il vero virus sono gli esseri umani, non i programmi progettati dalle macchine del sistema matrix che sfruttava l’umanità per produrre energia ed alimentare sè stesso.
ma non ha importanza chi ha influenzato chi, e da dove scaturisca questa idea probabilmente ancestrale.

mai quanto oggi in piena pandemia comprendiamo come l’uomo sia portatore di virus e quanto sia pericoloso l’agente virale non solo per il nostro organismo ma anche e soprattutto per il prossimo, data la sua contagiosità.
se esistesse un vaccino che funzioni, non ci dovremmo vaccinare solo per noi stessi quanto anche e soprattutto per chi ci sta accanto, per tutti gli altri.
ma se un vaccino non esiste e potenzialmente siamo tutti portatori – più o meno sani – di virus, cosa possiamo fare noi esseri consapevoli per non recar danno agli altri, se non isolarci, tenerci a debita distanza?

torniamo un attimo indietro all’idea dell’uomo-virus-per-il-pianeta: la distruzione che apportiamo – a noi stessi più che al pianeta, per inciso – con tutta la nostra avanzatissima tecnologia condita dall’irrazionale e animalesca quanto inevitabile nostra avidità, ingordigia, miopia, da dove scaturisce? casa ci rende così contagiosi, così virulenti?
la parola, Mauro. la nostra storia e preistoria, la nostra evoluzione di specie sapiens, la nostra conoscenza e i nostri miti, la nostra memoria, la nostra tecnologia e la nostra scienza: tutto si fonda sulla parola, sul linguaggio, sulla comunicazione. una comunicazione umana intrinsecamente animale – perché questo siamo ed è bene ricordarlo -, oggigiorno ce ne accorgiamo in modo lampante anche dai mass media, da internet, dai social. la parola influenza.
dallo sviluppo dal linguaggio si è innescato il nostro mondo sociale e tecnologico, che ci ha differenziato dalle altre bestie: siamo trascinati dalle parole che ci travolgono come un fiume in piena portandoci dove siamo oggi, nel bene e nel male.
potrà salvarci la parola se è l’origine delle nostre sofferenze, della consapevolezza della nostra sciagurata opera?
In principio era il Verbo, ed il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Direi che lo si sapeva fin dai tempi più antichi.

condivido tutto – e non potrebbe essere altrimenti, visto che Krammer cita me che cito Matrix e chissà quanti altri -, non mi resta che fingere di fare il filosofo sulle sue conclusioni, e lo farò dando voce al mio nichilismo radicale e quasi integralista.

anche il nichilismo, come ogni altra filosofia, e anche l’ateismo, come ogni altra religione, hanno in se stessi il bene e il male e sono la doppia faccia della stessa medaglia.

esiste dunque anche un nichilismo buono, ma ritengo che vi sia un’eccezione alla regola generale che vuole che l’integralismo sia malvagio.

nel caso dell’ateismo e del nichilismo, malvagie sono le versioni superficiali, indulgenti ed accomodanti, che si fanno semplicemente veste ideologica del dominio del mercato che distrugge ogni valore per affermare il dominio universale della merce e del denaro come unico riferimento.

da questa deriva opportunista del nichilismo si salva solo quello autentico ed integrale che nega anche il valore della merce.

. . .

quindi il nichilista integrale, anche se si nutre di parole, nega ogni valore anche alle sue stesse parole – forse dando voce alla contraddizione insanabile della vita…

per questo rispondo a Krammer negando il valore anche della parola ed affermando che non può essere la parola a salvarci.

e poi, quale parola? non sono la stessa cosa la parola parlata e quella scritta; appartengono quasi a due mondi differenti: quello del flusso sempiterno dell’effimero e quello che invece vuole dare all’effimero sostanza e consistenza.

sulla parola scritta si fonda la nostra presunzione di sapere e di potere.

a me pare invece che le comunicazioni scritte siano particolarmente deboli, anche se consentono ripensamenti, miglioramenti espressivi e comunicazione su tempi  medio-lunghi, ma sono esposte a potenti fraintendimenti fondamentali, proprio per la mancanza di tutti quegli elementi visivi della comunicazione parlata che vanno aldilà della parola.
e con questo eccoci ai limiti sostanziali della parola, divinizzata dove ha dominato per secoli l’antropocentrismo, cioè nell’antica Grecia; ma la parola di cui parlava la bibbia ebraica, come fondatrice del mondo, non era peraltro affatto il Logos greco, la parola della ragione, ma la torah, la parola di dio codificata.

in questo, ebraismo e islam sono molto vicini nell’adorare un dio della parola ispirata o dettata.

personalmente però preferisco una religione che divinizzi piuttosto il silenzio, anche di Dio.

ecco, io oggi definirei l’ateismo la religione integrale del silenzio di dio.

perché se il virus del mondo è l’essere umano, e ciò che fa di un uomo un uomo è la parola, non possiamo divinizzare un virus.

9 commenti

  1. Anche se non ci posso fare nulla, trovo un po disturbante che l’assimilazione dell’umanità ad un virus del il pianeta terra sia presentata sempre come un’idea nata da “Matrix”, un bel film d’azione ricco di trovate inedite per pubblico giovane ma niente di piu. Non mi sembra la citazione colta che mi aspetto da persone colte, e scusate il mio snobismo. Il concetto di “cancrismo” esiste in letteratura scientifica e/o filosofica da molto prima di Matrix che ha il solo merito di averlo esplicitato per il grande pubblico. Qui un link per approfondire https://ilcancrodelpianeta.wordpress.com/2018/08/23/umani-come-il-cancro/

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    • grazie del link: non solo l’articolo direttamente postato è un saggio di notevolissimo interesse, ma tutto il sito è da conoscere ed esplorare.

      Matrix secondo me è un film che ha saputo porre questioni filosofiche importanti in un linguaggio aperto ed accessibile; giustamente è diventato un elemento quasi centrale della moderna cultura di massa.
      quindi non mi scandalizzerei se si fa riferimento a lui per citare il concetto, anche se è molto utile scoprire le radici profonde di questo concetto; e mi permetto di indicarne una, in particolare: Schopenhauer.

      in ogni caso farò tesoro del prezioso archivio di informazioni e rimandi che mi hai indicato e che io vorrei, se possibile, indicare anche ai lettori di questo blog.

      (sono peraltro scandalizzato del numero di contatti tutto sommato modesto di un sito così utile e documentato…)

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      • Anch’io sono scandalizzato dal numero di contatti tutto sommato modesti per un sito che sviscera un argomento tanto importante! Vi sarò grato se mi aiuterete ad aumentarne la visibilità e la diffusione. Quanto a Schopenhauer, consiglierei di leggere il mio ultimo articolo su “Effetto Cassandra”, “Contra philosophos”. Sono a disposizione per ogni eventuale collaborazione. Bruno Sebastiani

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        • volentieri per la collaborazione, e cercherò di aiutare la diffusione del blog, nel mio appuntamento settimanale del sabato con i blog della settimana (pur se dubito di poter avere qualche impatto significativo).

          ho letto con interesse l’articolo suggerito, ricco di riferimenti puntuali, tra i quali tuttavia non trovo quello del maggiore teorico moderno della contrapposizione fra uomo e natura: Marx, con la sua XII tesi su Feuerbach che affida ai filosofi il compito non di interpretare il mondo, ma di trasformarlo; e la natura è chiaramente la prima vittima individuata di questa trasformazione.

          quanto a Schopenhauer, le citazioni fatte sembrano indicare effettivamente una continuità del suo pensiero con l’antropocentrismo cognitivo della tradizione filosofica precedente, se si può chiamarlo così, ma a me pare che vadano contestualizzate: perché è vero che S. afferma che nell’uomo la volontà trova la sua più chiara e perfetta oggettivazione, ma è poi pur vero che lo scopo della sua filosofia è di proporre il superamento della volontà: in altre parole a me pare che Schopenhauer qui soprattutto descriva l’immagine filosofica dominante nell’Occidente, ma per poi distaccarsene.
          e in questo superamento della volontà non è improprio, credo, vedere un’influenza precisa del pensiero orientale e di Buddha, che propone all’uomo il nirbana come strumento per l’annullamento della volontà di vivere, vista come causa di sofferenza; ed è tipico del buddismo e delle religioni orientali in genere anche un senso di fratellanza e di identificazione dell’uomo nella natura, ben espresso anche dal ciclo delle rinascite, che si oppone nettamente all’idea giudaico-cristiana del DOMINIO dell’uomo sulla natura.

          che ne dici?

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        • Il sito ilcancrodelpianeta non è proprio una lettura leggera e rassicurante. Anche su FB “cancrismo” non fa faville. Chi arriva su quelle pagine è uno che se le va a cercare e se ci arriva per caso passa subito ad altro. Non conosco nessuno nella vita reale che affronti letture simili senza esserne costretto da un insegnante. Quelle visualizzazioni secondo me sono compatibili con l’argomento.

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  2. Personalmente propendo per una causa ancora più ancestrale per la bulimia onnivora (nel senso di generale istinto di possesso) della nostra specie.
    Ritengo che il nostro cervello sia rimasto programmato per una vita da animali raccoglitori/cacciatori in cui l’accaparramento, quando possibile, era funzionale alla sopravvivenza,
    l’abbondanza era rara ed andava sfruttata.
    Ora con lo sviluppo di scienza e tecnologia si è aperta la pratica di un consumo senza limite.
    Con l’economia capitalista compare anche la possibilità di accumulare ricchezza a livelli prima inconcepibili.
    A ben guardare il capitalismo è la forma economica più consona alla nostra struttura bio-psicologica.
    Disastri umanitari ed ecologici a parte ovviamente…

    A questa struttura mentale di base si abbina, in sinergia,
    l’istinto del maschio a lottare per il domino sul branco per perpetuare il proprio DNA vincente, comportamento tipico delle specie sociali;
    Il possesso ampio ed esibito è socialmente la dimostrazione di potere, non a caso
    l’alta finanza è esclusivamente maschile.
    La biologia e l’etologia sono tendenzialmente non molto applicate al comportamento umano, a mio avviso una mancanza.

    VANI TENTATIVI

    L’animalità nostra
    la teniamo ben nascosta.

    Sotto i vestiti eleganti,
    sotto monumenti di tornite parole.

    Confinata nelle nebbie
    dell’alto dei cieli.

    Imprigionata sotto i marmi
    delle cattedrali.

    Segregata nell’orgoglio
    della scienza applicata.

    Occultata dalle libertà democratiche,
    offuscata dalle aule di giustizia.

    Irriducibile, rispunta, emerge, comanda.
    Eccome se comanda.

    Sopraffazione, guerre, capitalismo,
    cosa sono se non animalesca ferocia?

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    • applicare l’etologia allo studio dei comportamenti umani e perfino a quello delle civiltà? come sai bene, cono completamente d’accordo.
      l’istinto della sopraffazione (non esclusivamente maschile – come non lo è affatto neppure la finanza -, ma nel maschio più evidente) oppure quello dell’accumulo compulsivo di risorse, per non parlare di quello sessuale che diventa riproduttivo, senza altri limiti che quelli naturali, appartengono alla biologia profonda, al cosiddetto cervello rettile, ma riguardano anche i pesci, le lumache e, se possibile, perfino le piante.

      ciò che è caratteristico ed esclusivo della nostra specie è la possibilità, tuttavia molto teorica, di limitarli per evitare l’autodistruzione; ma si tratta di andare contro istinti elementari ed atavici incoercibili: auguri.

      la natura non ha fatto molto caso alle nostre possibilità tecnologiche di aggirare le normali misure contrarie messe in atto dal pianeta che vive; forse ragionevolmente, dato che esse potrebbero essere una trascurabile parentesi dell’evoluzione della vita sulla Terra.
      il problema che stiamo vivendo, quindi, è questo: che sono enormemente cresciute le nostre capacità di fare violenza all’ambiente, di accumulare e di riprodurci, senza che sia cresciuta di molto la consapevolezza del dovere porre dei limiti a questi istinti per non auto-distruggersi. e comunque, anche dove la consapevolezza matura, non è in grado da sola di opporsi agli istinti: auguri, di nuovo.

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