credo sia giunto il momento di tirare le fila dei miei quindici anni di ricerche sulle origini del cristianesimo: in vista della sistemazione finale dei miei studi (e prima di chiudere con la ricostruzione della storia della formazione del Vangelo secondo Giovanni, che attende soltanto pochi post conclusivi) ecco una intensa discussione via mail con un amico dei tempi andati, recentemente ritrovato, un vero uomo di cultura, che ha dato piena realizzazione della sua vocazione col lavoro di docente, prima di liceo e poi universitario.
sono convinto che un blog non sia la sede più adatta per rendere pubbliche queste sue riflessioni e critiche e mi piacerebbe che potessero avere una forma più degna e una diffusione meno artigianale e occasionale.
tuttavia continuo a considerare il blog come un personale libro di appunti, che viene vergato in pubblico perché, se arriva qualche commento, è tanto di guadagnato rispetto a forme di scrittura più solitaria.
e in questo spirito mi appunto qui le sue critiche e le mie risposte: occorreranno alcune puntate per esaurire questa discussione dal sapore, per fortuna, un poco antico, se pensarlo non è presunzione o illusione, da parte mia; in ogni caso è almeno un’aspirazione.
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G. N. mart. 5 maggio, 19:09
Un po’ meno mi hanno convinto i tuoi scritti cristologici, anche se ho cercato di leggerli da filologo e non da credente.
Comunque non voglio polemizzare con te proprio ora che ci siamo ritrovati dopo tanti anni.
m.b. merc. 6 maggio, 23:30
vorrei chiederti subito, se puoi, di precisare le tue critiche alla mia analisi sulle origini del cristianesimo; il fatto che tu tema di offendermi esplicitandole mi fa temere che siano molto radicali, ma io ti pregherei di farmele ad esempio in riferimento ad un post soltanto, perché la mia richiesta non sia eccessiva, questo:
– perché anche io qui ho cercato di usare gli strumenti filologici della mia antica formazione universitaria e di lavorare non da non credente, ma di fare un’analisi neutra ed obiettiva dei problemi posti dal testo.
G. N. giov. 14 maggio, 20:14
visto che mi sembri un po’ in ansia in attesa di ricevere le mie considerazioni, ti ribadisco che esse non consisteranno in una pars destruens delle tue tesi, ma solo in alcune modeste riflessioni, che ammetto già fin da ora condizionate dalla mia posizione di credente. Oltretutto tu hai una conoscenza dei testi papirologici greci che io non possiedo affatto: mi sono occupato solo occasionalmente dei vangeli apocrifi nel capitolo sulla letteratura cristiana compreso in un mio manuale di letteratura greca, ma non sono uno specialista del settore.
Ho già preso una serie di appunti che spero di riordinare al più presto e stendere in forma comprensibile.
m.b. giov. 16 maggio, 6:32
la risposta che ti ho chiesto non ti deve diventare un cruccio se verrà quando potrai. vorrei anche dirti che no, non sono in ansia, per le critiche che si sono affacciate alla tua mente e che prima o poi mi espliciterai: direi che le aspetto con curiosità, per vedere se coincidono con quelle che mentalmente mi faccio anche io, ben consapevole dei limiti delle mie riflessioni; in una lunga telefonata ieri con un vecchio compagno di liceo ci dicevamo che è molto più facile dimostrare la falsità o l’erroneità di qualcosa che trovare una nuova verità certa, o meglio che spesso l’unica verità che ci è consentita è la dimostrazione della non verità di qualche affermazione diversa dalla nostra. se, come dici, i tuoi rilievi di metodo sono condizionati dalla tua posizione di credente (o di credente in qualcos’altro di diverso da quello in cui credo io), questo me le renderà due volte più preziose; lui ha molto insistito perché io dia forma più organica alle mie riflessioni di 15 anni oramai sul tema delle origini cristiane, e mi ha convinto a riorganizzare i diversi post che iniziarono quando, durante un viaggio verso l’India, scoprii su un giornale tedesco l’esistenza di Giuda il Gemello o Toma Didimos attraverso la recensione di un libro di Elanie Pagel, allora a me del tutto sconosciuta, che ne commentava la splendida raccolta di Detti di Jeshu, da lei definita Il quinto vangelo. quanto all’inciso tra parentesi lì sopra, non ti stupisca troppo: da tempo considero l’ateismo una forma di religione, attribuendo a questa parola un valore soprattutto antropologico; per un certo periodo mi sono definito un ateo cristiano, prima di abbandonare questa definizione confusa; del resto l’ateismo non a caso si sviluppa in quanto tale soltanto nel contesto mediterraneo nel quale si è sviluppato il monoteismo; ma non è neppure concepibile nella cultura islamica, perché preventivamente previsto e demonizzato nel Corano; ma neppure nell’ambito del buddismo, dato che questo è già sostanzialmente una forma di ateismo religioso.
G. N. merc. 10 giugno, 19:10
mi faccio risentire dopo un lungo silenzio, dovuto anche al fatto che ho impiegato un po’ di tempo per buttare giù alcune considerazioni sui tuoi post ‘cristologici’. A questo proposito, data la lunghezza del testo, preferisco allegarlo a questa mail col suggestivo titolo di Epistola a Mauro, per ricordare scherzosamente le corrispondenze fra gli eruditi del passato. C’è anche un altro allegato di cui si dà ragione nell’Epistola stessa.
Una premessa. Quando mi hai inviato i vari indirizzi dei tuoi blog ho cominciato a navigare all’interno di essi prendendo di volta in volta qualche disordinato appunto. Mi ripromettevo di tornarci con maggiore attenzione, ma quando ci ho riprovato nella maggior parte dei casi non sono riuscito a ritrovare alcuni post (per es. quelli dove si parlava di Giuda e di Barabba). Ti avverto di questo perché credo di ricordare che gli stessi scritti erano distribuiti lungo un esteso arco di tempo e che probabilmente eri tornato diverse volte sullo stesso argomento, magari rivedendo e/o modificando qualcosa. Dunque non so se alcune delle mie osservazioni facciano riferimento a versioni superate del medesimo argomento: ovviamente, se è così non tenerne conto.
Si tratta comunque di osservazioni che riguardano solo alcune delle singole conclusioni cui sei giunto su specifici argomenti, e non tutte, anche perché ritengo di non avere la preparazione teologica e scientifica necessaria per una sistematica confutatio. A questo proposito sono certo che replicherai da par tuo alle mie osservazioni, ma ti anticipo che in linea di massima non ho intenzione di replicare alle tue repliche, sia per non instaurare un dibattito senza fine, sia perché prevedo che, in ogni caso, ciascuno di noi due resterebbe sulle sue posizioni, rispettivamente condizionate dal fatto che io credo di credere e tu credi di non credere (mi riferisco al tuo post del 18 aprile sulla recente sentenza della Cassazione in materia di ateismo).
Prima di scendere nei particolari ti sottopongo una mia osservazione di carattere generale. Ho la sensazione (ma posso anche sbagliarmi) che il tuo lavoro di ricerca, pur svolto con passione, proceda secondo una linea di Ringkomposition, il cui punto di arrivo coincide con quello di partenza. Mi spiego meglio. L’uso stesso del nome aramaico Jeshuu al posto del più comune Gesù potrebbe essere certo frutto di uno scrupolo iperfilologico, ma al contempo non credo che scrivendo su Confucio o su Calvino adopereresti, rispettivamente, i nomi originali Kong Fuzi e Cauvin, o parlando di Giugurta lo chiameresti col suo nome berbero Imenyi Yugurten: il fatto è che – sia pure a livello più o meno inconscio e ritengo anche in buona fede – tu scarti a priori l’ipotesi che la figura del predicatore ebreo crocifisso in Palestina (sempre che non si tratti del misterioso Profeta egiziano) possa identificarsi minimamente con quella del Gesù venerato negli ultimi duemila anni dai cristiani; il che ti porta a cercare qualsiasi elemento o prova che avvalori questa tesi iniziale, forzando talvolta la mano.
m.b. merc. 10 giugno, 22:04
caro G., hai fatto un lavoro davvero poderoso, che forse non meritavo. intanto ti dico soltanto questo; esaminerò con calma e molta attenzione le tue critiche e ti risponderò altrettanto puntualmente, dove sarà il caso di risponderti, oppure ti darò ragione, dove mi sembrerà che tu ce l’abbia.
m.b. giov. 11 giugno, 21:40
caro G., penso che ti risponderò con una serie di mail staccate, sperando che l’insistenza dei messaggi ti faccia recedere dall’idea di non replicare più (anche se posso capirla, considerando l’impegno che hai messo nella prima risposta). vero il rischio della diatriba infinita, ma siamo abbastanza adulti da evitare il rischio di pensare che qualcuno di noi due debba convincere l’altro; e, se di letteratura antica e moderna dobbiamo discutere, che cos’altro è quello di cui stiamo parlando qui se non un ricco patrimonio di letteratura del mondo antico, in fondo abbastanza sconosciuto, nonostante tutte le apparenze? e non privo di grandezza in molte sue manifestazioni – ma forse questo è un punto di vista troppo laico. sono stato in dubbio se disporre le mie risposte in un qualche ordine logico, per esempio dal generale al particolare, oppure rispondere seguendo l’ordine delle tue obiezioni; seguirò un criterio misto.
1. comincio dunque dalla tua osservazione sul carattere per così dire in itinere delle mie riflessioni, che hai colto perfettamente: non siamo di fronte ad un libro pubblicato a puntate, ma ad appunti presi in pubblico, sperando di suscitare una discussione (obiettivo raramente conseguito, e soprattutto in passato, ma con risultati molto modesti). nel corso dei 15 anni della mia ricerca ho certamente avuto una evoluzione ed oggi ho una visione del problema molto diversa che all’inizio, e anche su singoli punti posso avere cambiato posizione. ad una sistemazione più organica sto cominciando a lavorare in questi giorni, per sollecitazioni oramai molto insistenti da varie parti; però anche in questa non intendo abbandonare il carattere di opera in fieri, che credo corrisponda ad una mia idea molto precisa sulla questione, sulla quale credo che si possa arrivare ad ipotesi, più o meno verosimili, che a volte sfiorano l’evidenza, ma a nessuna vera certezza; e in questo ambito vorrei mantenermi rigorosamente, cercando di non assumere la veste dell’invasato che pensa di avere raggiunto chissà quale verità, anche laica, sul problema.
2. il secondo aspetto che tu forse non evidenzi, per gentilezza, ma che è giusto mettere in rilievo è che col mio lavoro non intendo mettermi nel campo della ricerca accademica: non ci si improvvisa esperti di cristianesimo a 55 anni e nel tempo libero, quando c’è gente, ben più ferrata di me che ci ha dedicato una vita intera di lavoro – anche se il campo di specializzazione mio universitario fu appunto la letteratura popolare a sfondo filosofico tra il I e il II secolo a.C., con particolare attenzione ai filosofi cinici itineranti, ai quali i primi cristiani di allora venivano spesso assimilati (vedi Luciano di Samosata), ed è un tema di ricerca stranamente trascurato, in genere, dagli studiosi dell’argomento; nello stesso tempo non vorrei neppure produrre un lavoro di mera fantasia e neppure una specie di romanzo storico, ma voglio stare in quella terra difficile e inesplorata che è la linea di confine tra la ricerca storica e una ricostruzione storica che esplori il continente del plausibile, ma senza sconfinare nel fantastico e nell’arbitrario. […]
3. vengo all’altra tua critica metodologica, la Ringkomposition, dove il punto di arrivo coincide con quello di partenza. non so se ho capito bene la tua critica, ma non la sento come tale; in effetti faccio delle ipotesi e le sottopongo a delle verifiche; se la verifica funziona, certamente l’ipotesi è verificata, ma questo non è il ritorno allo stesso punto di partenza; altre volte, nel mio percorso, l’ipotesi non ha retto e l’ho modificata; arrivare alle conclusioni attuali non è stato affatto semplice, è stata una ricerca di 15 anni; e non è ancora conclusa: la Ringkomposition non è arrivata al suo termine, mancano ancora alcune verifiche sui testi, e potrebbero ancora smentirmi.
la Ringkompostion nasce dal fatto che, tu dici, io scarto a priori l’ipotesi che la figura del predicatore ebreo crocifisso in Palestina possa identificarsi minimamente con quella del Gesù venerato negli ultimi duemila anni dai cristiani.
no, non è un a priori: per molti anni ho considerato anche io le narrazioni evangeliche riconosciute dalla Chiesa e gli Atti degli apostoli e le Lettere di Paolo come una fonte storica, sia pure approssimativa, ma ho dovuto arrendermi all’evidenza che in questo modo non si va da nessuna parte: si tratta, queste sono le mie conclusioni, e non il mio punto di partenza, di testi letterari, ispirati ad una fede tetragona e indifferente ai fatti, nei quali si trovano barlumi sparsi della realtà storica, ma la loro analisi è molto più produttiva (perfino dal punto di vista della fede, oserei dire, ma non è affar mio) se si cerca di capire perché inventano certe notizie che se si prendono quelle notizie per vere: insomma, facendo un confronto audace, non serve a molto considerare l’Innominato un personaggio storico in quel che ne raccontano I Promessi Sposi, è molto più interessante capire perché Manzoni lo racconta così, e sia pure sul vago appiglio di qualche confusa notizia storica di un personaggio che un poco gli somiglia.
4. l’uso del nome Jeshuu, trascrizione dell’originale aramaico, a cui sono pure arrivato col tempo (trascurando la forma ebraica Yehoshua, più in uso per chi condivide certi scrupoli filologici e che ho usato anche io all’inizio) non vuole essere altro che un gesto di riguardo verso il lettore credente, che potrebbe trovare tremendamente irriverenti certe mie considerazioni, che in fondo non riguardano quel Gesù crocifisso in cui lui crede, e io intendo rispettare nella sua fede, ma un personaggio storico che ha fornito lo spunto sul quale si è costruito, nei secoli, il Gesù della fede.
tu dirai che questa è una petizione di principio; io ti rispondo che anche pensare che invece coincidano è una petizione di principio; chi vuole continuare a crederci per fede, lo faccia; chi cerca la verità storica, deve sospendere sia la seconda fede che il primo giudizio, se è a priori; ma se viene confermato poi dai dati di fatto, allora si può considerarlo vero.
ma credo che sarebbe utile, allora, che tu dessi almeno uno sguardo veloce a come è nato questo mio interesse, e ti mando la bozza di lavoro, ancora molto parziale, per ora, del primo volume che sto mettendo assieme, senza pretesa che tu lo legga; e come vedrai ha anche in se stessa qualcosa di romanzesco.
Interessante cornice della vostra discussione, ma manca la ciccia, cioè il documento che lui ti ha allegato, quello che chiami “lavoro poderoso, che forse non meritavo”.
E’ vero che ne citi qualche elemento nelle tue risposte, ma una cosa è il documento, altra cosa la reazione ad alcuni dei suoi punti. Condividerai il “lavoro poderoso”? Grazie
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sì, Roberto, grazie del commento e della domanda.
lo pubblicherò appunto a puntate, con risposte ed eventuali contro-repliche.
una pubblicazione integrale adesso avrebbe reso difficile seguire poi le risposte punto per punto.
per ora ho messo la sua obiezione di metodo generale.
è in fase di montaggio la puntata successiva, che sarà sul papiro col testo (presunto) che parla della moglie di Jeshuu.
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