l’altro Siddharta, mille anni prima: quando Buddha divenne un santo cristiano. 1 – 372

chi non conosce la versione romanzata della vita di Buddha che Hermann Hesse ha scritto il secolo scorso col titolo di Siddharta e che è diventata una specie di talismano del buddismo tascabile che attraversa il nostro tempo?

ma ben pochi, credo, sanno che non era affatto la prima volta che arrivava alla cultura occidentale la figura semi-fiabesca del principe indiano che diventa un asceta portatore di una saggezza quasi divina, sconvolto dalla presa di coscienza del dolore nella vita umana; o almeno non lo sapevo io che ho scoperto soltanto in questi giorni la Storia di Barlaam e Ioasaf, che ha preceduto Siddharta di mille anni.

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nell’VIII secolo, quando l’Europa era ritornata ad uno stato semi-selvaggio e la cultura e la civiltà umana fiorivano altrove e, per quanto riguarda le terre attorno al Mediterraneo, in quelle islamiche, storie indiane della vita di Buddha arrivarono nel mondo arabo e, dopo la conquista della Persia, vennero trascritte, col titolo di Kitab Bulawhar wa Budasf, Storia di Bulawhar e Budasf, nelle cerchie ismaelitiche, cioè in una comunità religiosa nata nell’ambito della variante sciita dell’islam.

questa racconta appunto di un principe che viene segregato, ancora bambino, dal padre in una torre, per proteggerlo dalla vista delle brutture dell’esistenza, e che, arrivato alla maggiore età ed uscito dalla sua prigionia, rimane sconvolto alla vista della vecchiaia, della malattia e della morte, e dedica il resto della sua vita alla ricerca di una via per sfuggire alla sofferenza; e in queste storie alla sua figura è abbinata quella di un eremita, qui Bulawhar, che rappresenta il modello di esistenza a cui aderirà anche Budasf.

siamo nell’ambito di quella ricca ed eterogena tradizione di scambi culturali sviluppatasi nel mondo asiatico nei secoli bui della civiltà europea e mediata da quello che è stato definito il commonwealth bizantino, che noi europei ignoriamo volentieri per il nostro ben radicato senso di indiscutibile superiorità.

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dall’Iran questa storia arrivò nel mondo cristiano per la prima volta attraverso la tradizione georgiana; in questa regione la si tradusse, rielaborandola in senso cristiano, sotto il titolo di Balavariani: e qui il protagonista diventa l’eremita, il cui nome viene tradotto in georgiano come Balavahr.

Eutimio il Georgiano, vissuto dal 955 al 1028, figlio di Giovanni Abulherit – un nobile del paese che si era ritirato come monaco in un monastero sul Monte Olimpo della Bitinia in Anatolia -, da giovane era stato inviato come ostaggio a Costantinopoli, la capitale dell’Impero Bizantino, dove aveva imparato il greco; era poi stato liberato e col padre, di cui seguì le orme, facendosi monaco a sua volta, si era trasferito in un monastero del Monte Athos in Grecia, del quale divenne la guida, dopo la morte del padre, che lo era stato prima di lui.

qui portò con sé diversi libri della sua biblioteca georgiana, fra cui questo, che tradusse in greco: evidentemente era una storia molto affascinante per lui, che vi ritrovava elementi molto coinvolgenti per il parallelismo con la sua vita e le sue scelte di eremitaggio per dedicarsi alla scrittura e ai libri (e questo resti sottinteso anche per chi sta dedicando il suo tempo a raccontarla, se non è già fin troppo evidente): il patrimonio librario di quella biblioteca era immenso, per quei tempi; circa 1.500 codici.

così almeno è stata finalmente appena ricostruita la storia della versione greca di questo testo, profondamente rinnovata in senso cristiano, che apparve appunto nella seconda metà del nono secolo col titolo di Storia di Barlaam e Ioasaf: infatti Balavahr diventa Barlaam e il Budasf arabo diventa Ioasaf.

ma ecco un antico ritratto bizantino di sant’Eutimio il Georgiano: perché l’aureola ampia che circonda il suo capo deriva dal fatto che, naturalmente, fu anche considerato santo.

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ma il testo greco, che Eutimio riscrisse, ebbe un enorme successo e un secolo dopo venne tradotto anche in latino, ma non viene attribuito al suo vero autore, nella sua ricchissima tradizione successiva in vari paesi e ambiti culturali, ma ad un dotto bizantino, Giovanni Damasceno, che peraltro era già inequivocabilmente morto in quel tempo, e dunque non avrebbe mai potuto citare un autore morto nel 963, come avviene in questa traduzione.

(questa prova, definitiva, dopo quasi due secoli di alterni dibattiti, è stata portata da R. Volk nella sua edizione del testo del 2006, alla quale ha lavorato per trent’anni, inseguendone i 200 manoscritti sparsi per il mondo; ora Volk ha stabilito che questa attribuzione a Giovanni Damasceno, in auge fino ad oggi, è spuria e ha ricondotto il testo al suo vero autore).

Eutimio arricchì la narrazione leggendaria di estrapolazioni di testi agiografici e di estratti da un antico trattato bizantino sulle qualità di un buon principe, ma soprattutto fece del rapporto tra l’eremita Barlaam e il più giovane Ioasaf il centro stesso della vicenda, in una evidente trasposizione del suo rapporto con suo padre Giovanni.

ah, dimenticavo che in Occidente Ioasaf divenne Iosaphat, e qui lo vediamo in una miniatura bizantina del XII secolo.

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se non avete trovato affascinante come me questa premessa un poco romanzesca, ma autentica, di un romanzo peraltro di formazione, non so che cosa farci; io stesso la scopro nel mio primo accostarmi al testo, ripubblicato da Einaudi nel 2012, e la trovo molto intrigante ed è per me una sorpresa nella sorpresa.

ero corso a procurarmelo soltanto per la suggestione generica suscitata dall’avere saputo appunto di una versione cristiana della vita di Buddha, che è stata popolarissima nel Medioevo, e dunque caratterizza le nostre radici culturali in senso inter-religioso e alla fine ci regala l’affascinante figura di un Buddha che diventa un santo cristiano senza perdere le sue caratteristiche più profonde.

ma siccome conosco (vagamente) le regole della durata dell’attenzione nella lettura su schermo e non su carta, capisco di avere già abusato della pazienza di chi mi segue, e mi vedo costretto a rinviare il seguito ad un prossimo post, per il quale anticipo però che non mancheranno sorprese ancora più sconvolgenti, almeno per me.

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16 commenti

  1. Ho Riletto con i ritocchi …Open the windows.
    Condivido con la consapevolezza che appropriarsi delle vere radici significa anche munirsi delle ” ali ”
    Fiat lux !
    Mauro ti lodo sì e con piacere …
    Apprezzo molto la partecipazione che hai suscitato ! Bonne nuite ã vous tous

    Piace a 1 persona

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